Il sole bacia i belli, pensò. Si tolse il berretto e si lasciò illuminare il viso negli intervalli tra un platano e l’altro, mentre dagli auricolari ascoltava le canzoni di Sarah Blackwood.
Oltrepassato l’Adige, la foschia offuscò il sole e ingrigì gli edifici della zona commerciale di Rovigo. Il respiro si condensò sul finestrino senza più evaporare e Cristina ne approfittò per disegnarci sopra una casetta; usò le unghie per aggiungerne i particolari.
Scese al capolinea e sfogliò la breve rubrica del suo cellulare.
«Pronto?»
«Ciao Franca, sono Cristina.»
«Ciao. Dimmi.»
«Posso venire a trovare Giulia?»
«Ma certo! Sì, vieni. A che ora arrivi?»
«Tra venti minuti.»
«Bene. Lo dico subito a Giulia. Ti aspettiamo.»
Quando la porta si aprì, Giulia fu la ragazzina down più felice della Terra. Cristina si lasciò abbracciare e ricambiò con gli occhi chiusi.
«Vieni.» Giulia prese l’amica per mano e la portò in cameretta, senza nemmeno darle il tempo di spogliarsi.
«Vuoi darmi il tuo piumino? Così potete giocare.» Cristina aprì la cerniera con attenzione e consegnò tutto a Franca. L’appartamento era più caldo di casa sua, così si tolse anche il cardigan; l’appoggiò alla spalliera del letto.
Stavano giocando a fare le cantanti, imitando i video visti in TV, quando la mamma si affacciò alla porta: «Ragazze, è pronta la merenda.»
Cristina si fermò, ma Giulia continuava a muoversi; così anche lei riprese a ballare e vocalizzare.
«Raga-azze-eh!»
Cristina si fermò di nuovo. «Dai, andiamo a fare la merenda.»
«No.»
Franca riapparve alla porta con una grande foto plastificata di Giulia che beve una tazza di tè. «È ora.»
Così si convinse e, senza altre storie, andarono tutte in cucina.
Franca chiese: «Non vieni più in ludoteca? È un po’ che non ti vedo.»
«Ho cambiato orario. Adesso faccio il lunedì e il giovedì alle quattro.»
«Ah, ecco! Sempre con la maestra Angela?»
«No, con la maestra Nadia.»
«Mi piace la maestra Angela,» disse Giulia.
«Anche a me piace la maestra Angela,» ribadì Cristina.
«E la nuova maestra com’è?» chiese Franca.
«È simpatica, ma dice che parlo troppo e allora non mi piace più tanto. Però non mi fa arrabbiare e quando le dico che mi può abbracciare poi mi abbraccia.»
Franca sorrise e appoggiò con decisione la mano sulla spalla di Cristina, che si lasciò coccolare. «Il prossimo anno vai in prima superiore?»
«Sì, voglio fare i Geometri.»
«Mi piace i Geometri,» disse Giulia. «Fanno i palazzi.» Mosse le mani avanti e indietro, in alto e in basso.
«È vero. E fanno anche disegni bellissimi. Mia mamma invece vuol mandarmi al Don Bosco.»
«Mi piace il Don Bosco. Voglio imparare la pizza.»
«La pizza con il prosciutto?»
«La pizza, il prosciutto, i viustel, le olive…»
«E i peperoni?»
«No. Non mi piace i peperoni.»
«Tu cosa vorresti fare al Don Bosco?» chiese Franca.
Cristina sbatté il cucchiaio sul tavolo e alzò la voce: «Io non voglio…» S’interruppe. Il cuore batteva forte e le si formò un nodo in gola. Giulia la guardava sorpresa.
Sul momento non ebbe il coraggio di guardare Franca. Chiuse gli occhi per contenere le lacrime e mandò giù tutta la tazza di tè con le mani tremanti. Si trattenne appena in tempo dall’asciugarsi la bocca con la manica. «Scusa.»
«Ok, perdonata.» La coccolò un altro po’.
«Mia mamma vuole che faccia Addetti alle vendite,» proseguì, con gli occhi bassi.
«E non ti piace.»
Scosse la testa. «Voglio fare i Geometri.»
«Mi piace i Geometri.» Giulia gesticolò e fece versi, per imitare i movimenti e i rumori della gru.
Cristina la imitò. Recuperò il sorriso e dondolò sulla sedia.
«Ragazze! Su, finite la merenda.» Ma non fu ascoltata.
I versi continuarono finché Cristina non incrociò lo sguardo fermo di Franca; allora, sempre sorridendo, la ragazzina abbassò le braccia sulle gambe e ammutolì.
«Giulia, bevi il tè.»
«Ron, ron, ron…»
«Giulia!»
«Ron, ron, ron…» continuò ridendo.
Cristina restò a guardare in silenzio. Aveva voglia di tornare a giocare e si tormentava un po’ le mani nell’attesa.
«Hai finito la merenda?»
«No.» Giulia bevve il tè. Le ragazzine ebbero il permesso di alzarsi e tornarono festanti in cameretta.
Arrivò il momento dei saluti. Cristina recuperò il piumino giallo, la sciarpa e il berretto con i paraorecchie. Poi si lasciò stringere forte dall’amica.
«Se vuoi, anche tu mi puoi abbracciare,» disse a Franca, che la coccolò con affetto.
Fuori la foschia si era addensata e il freddo umido s’impadronì quasi subito delle gambe di Cristina; prese così a camminare con passo veloce per riscaldarsi. Stava ascoltando I knew you were trouble quando la musica s’interruppe e il telefono squillò. Era Franca: aveva dimenticato il cardigan a casa dell’amica.
- Perché non c'è il sondaggio:
- Questa volta niente sondaggio; diciamo che ci sarebbero lo stesso delle opzioni ma vorrei che ne venisse scelta una in particolare, quindi non le propongo
Però lo stesso: mi farebbe piacere ricevere dei suggerimenti per il prossimo episodio, o i prossimi.