Bettina resta immobile in balia degli eventi, il suo corpo non risponde al suo cervello. Si sente come un condannato in attesa del plotone di esecuzione. E il primo colpo le arriva diritto nel petto quando sente quella voce. Bettina l’avrebbe riconosciuta tra mille. La voce che l’ha fatta innamorare, che l’ha resa schiava di quell’uomo. La voce di Vittorio. Il suo Vittorio.
Per un istante si sente stupida. Guarda i monconi delle sue gambe ferite. Può amare ancora un uomo che le ha fatto tutto questo? Eppure al suo interno sente un fuoco che arde fino a consumarla.
“Buongiorno Violetta cara. Finalmente ci rivediamo. Mi hai fatto del male, Violetta mia. Tanto male. Perché hai voluto far tutto questo al tuo Alfredo, rispondimi amore mio.”
Bettina vorrebbe rispondergli che era lui ad aver fatto del male a lei, e che può vedere con i suoi occhi il risultato della sua violenza. Ma quell’uomo che vive nel suo mondo di lirica e sogni, è troppo egoista per considerare la sofferenza altrui.
“Povera la mia piccola Violetta.”
L’uomo si avvicina, le accarezza le gambe. Bettina ha un fremito. Vittorio le prende la mano e la bacia.
Un sussulto. Gli occhi di Vittorio perdono vitalità e sulla mano di Bettina rimane solo il segno rosso del sangue dell’uomo.