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Il canto degli uccelli

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Messaggio Da Different Staff Lun Lug 22, 2024 12:33 pm

Non mi considero poi tanto vecchia, ma nel corso della mia esistenza ho avuto il privilegio di assistere alla nascita di innumerevoli forme di vita e sono stata testimone di una serie infinita di eventi, che si sono susseguiti nel tempo e nello spazio.
Prima ancora che l’uomo facesse la sua comparsa, una fitta vegetazione popolata da esseri ormai estinti ammantava la mia superficie, mentre le mie acque brulicavano di pesci e il cielo sopra di me era oscurato da stormi di uccelli.
Le mie pianure e le mie valli risuonavano del rombo di milioni di zoccoli che calpestavano steppe e praterie, brughiere e deserti, mentre i miei pendii erano divenuti rifugio di piccoli animali, nascosti tra i miei anfratti.
La vita pulsava inarrestabile in ogni angolo, sulla terraferma, tra i flutti e nell’aria.
Per ogni dove risuonavano gli echi della natura: ruggiti di fiere, barriti di pachidermi e ancora muggiti, ululati, gracidii, nitriti…
Ogni specie affermava il diritto alla vita con la propria voce inconfondibile, in una sorta di Babele animale.
Tutti tranne i pesci, naturalmente. E gli uccelli.
Ebbene sì, in origine gli uccelli erano muti proprio come lo erano i pesci. Io ne sono testimone.
Esseri speciali, si alzavano in volo alti nel cielo, tessevano filo per filo i loro nidi, ma gli unici suoni che sapevano produrre erano il frullo delle loro ali e il picchiettio ritmico dei loro becchi.
Finché accadde un fatto straordinario.
All’alba di un mattino che tinse di latte la notte dei tempi, una giovane creatura si aggirava con passo lieve nella prateria costellata di grandi alberi e arbusti.
Spesso la fame la spingeva a camminare a lungo per nutrirsi di erbe, bacche, tuberi e per abbeverarsi alle fonti che incontrava sulla sua strada, sempre all’erta per la presenza di feroci predatori. Ma quando alzava lo sguardo, i suoi occhi rimanevano incantati ad ammirare le splendide evoluzioni delle creature dell’aria. Nell’azzurro della stagione torrida, come nel cielo striato da alte nubi, spesso arrestava il suo peregrinare solo per contemplare il volo degli uccelli che, silenziosi, si libravano leggeri sopra di lei.
Quel mattino, quando il sole a picco già rimpiccioliva l’ombra sotto i suoi piedi, la creatura arrestò il suo cammino per scrutare l’orizzonte oltre l’erba ondeggiante della prateria. In lontananza scorse un grande albero e decise di raggiungerlo per trovare ristoro dalla calura. Quando finalmente giunse al suo cospetto, si accorse di non riuscire ad abbracciarlo interamente con lo sguardo, a causa delle sue dimensioni. La circonferenza del tronco era tale da oscurare l’orizzonte e la sua maestosità si ergeva su radici nodose che affioravano dal terreno, si fondevano nel fusto dalla ruvida corteccia, per poi aprirsi in rami frondosi che si protendevano verso il cielo.
Come incantata, la creatura cominciò a posare i piedi sulle poderose radici poi, aiutandosi con la forza delle braccia, si arrampicò lungo il tronco. Fu a quel punto che, dalle fronde più alte, una nuvola di uccelli variopinti si innalzò in volo, dipingendo il cielo con i colori dell’arcobaleno.
La creatura comprese di essersi imbattuta nel rifugio degli splendidi esseri alati.
Incapace di fermarsi, decise di inoltrarsi verso l’intrico del fogliame, finché raggiunse il punto in cui i volatili avevano nidificato. Avvinghiandosi a un ramo che si protendeva alto sopra la distesa d’erba, giunse strisciando fino a un groviglio di ramoscelli, piume e fili d’erba. Lentamente si avvicinò e vide che all’interno si agitavano piccoli esseri dal becco giallo e dalle ali appena abbozzate. Appena questi percepirono la sua presenza, spalancarono i becchi e lei, colta di sorpresa, indietreggiò di colpo. Senza rendersene conto si trovò a ripercorrere il tragitto a ritroso, fino ad arrivare a un ramo basso da dove, dondolandosi sulle braccia, balzò agilmente fino a terra.
Per alcuni giorni si aggirò intorno all’albero, senza osare arrampicarsi nuovamente tra i suoi rami. Si accontentava di ammirare di tanto in tanto le evoluzioni degli esseri alati, che planavano in tondo ad ali spiegate per poi farle aderire al corpo e scendere in picchiata su piccole prede avvistate nell’erba alta.
Con l’avanzare dei giorni il cielo, in principio limpido, si fece carico di nubi gonfie e spumose. Il vento cambiò direzione, cominciò a fischiare minaccioso, mentre gli uccelli volteggiavano sempre più nervosi sulla pianura, finché le nubi divennero livide e allora, come a un richiamo segreto, tutto ciò che volava nel cielo scomparve.
Le prime gocce cominciarono a schioccare sonore sul terreno, piegando gli steli d’erba e innalzando un afrore di terra bagnata. La creatura s’affrettò a cercare riparo tra le fronde del grande albero, proprio nell’istante in cui una saetta illuminò il cielo plumbeo, seguita dappresso da un tuono, che le fece vibrare di sgomento il cuore in petto. Ma a quel punto lei era già al riparo nel fitto del fogliame.
E mentre l’acqua scrosciava sulle foglie, scivolando in rivoli sulla corteccia fino a bagnare il terreno, i suoi occhi abituati alla penombra poterono scorgere la vita che le brulicava intorno: uccelli variopinti appollaiati sui rami, le piume arruffate a proteggersi dal vento, la osservavano incuriositi, ma non spaventati. I loro piccoli, ancora ciechi, protendevano il becco in una muta richiesta di cibo e, per ogni becco proteso, un’imbeccata arrivava a dare sollievo alla fame.
Non appena il temporale cessò, lasciando dietro di sé archi colorati nel cielo, i volatili si riscossero dal loro torpore e ripresero di nuovo a fendere l’azzurro in cerca di cibo.
Non c’è da stupirsi se, al richiamo di tanta bellezza, da quel momento i rami del grande albero divennero il rifugio della creatura, che se ne allontanava solo quando era spinta dalla fame.
Col passare del tempo gli uccelli cominciarono ad abituarsi alla sua presenza e giorno dopo giorno ebbe inizio un dialogo silenzioso, fatto di sguardi e di gesti da parte di lei, ricambiati da battiti di ali e movimenti del capo da parte dei volatili.
Avete fame?” pareva domandare la creatura, che inclinava il capo spalancando gli occhi sui suoi piccoli amici.
Abbiamo sempre fame”, sembravano rispondere loro, agitando le ali, per poi lanciarsi in volo.
Mentre trascorreva il suo tempo dondolandosi da un ramo all’altro, non poteva fare a meno di meravigliarsi dell’abilità con cui i pennuti tessevano le trame dei loro nidi e quando questi si arricchivano di piccole uova screziate si limitava a osservarle, senza mai osare toccarle, quasi ne percepisse la fragilità dalla delicatezza con cui gli uccelli le covavano. Ma ciò che più la conquistava erano le capriole e le picchiate in cui i volatili si esibivano tutto intorno.
Dal canto loro, lungi dal temere la sua presenza, gli abitanti alati del gigante fronzuto le permettevano di condividere con loro lo spazio tra il fogliame. Così, dopo il calare del sole dietro all’orizzonte, lei si ritrovava sempre più spesso ad addormentarsi abbracciata a un ramo in loro compagnia e più il tempo passava, più il loro singolare legame si rafforzava.
Poi, durante una notte senza stelle, avvenne il fatto.
Anche quella volta la creatura aveva trovato riparo dall’umidità della sera tra le frasche dell’albero, aggrappandosi saldamente a un ramo, ma per qualche motivo il suo sonno sembrava più agitato del solito; forse il ricordo di qualche brutta avventura era tornato a disturbare i suoi sogni o forse si era addormentata vagheggiando di librarsi nei cieli con i suoi amici pennuti.
Mi piace immaginare che fu proprio questa sensazione di libertà ad accompagnarla durante il suo primo e ultimo volo quando precipitò, volteggiando in aria per pochi istanti, prima di schiantarsi ai piedi nodosi del grande albero.
Il rumore sordo sorprese nel sonno le centinaia di volatili che stavano dormendo tra il fogliame e un improvviso frullo d’ali sconvolse la grande colonia alata.
In pochi attimi, uno dopo l’altro, gli uccelli planarono silenziosi intorno alla creatura che giaceva esanime al suolo.
Vinto il primo momento di sconcerto, zampettando si avvicinarono alla loro amica immobile. La osservavano con i piccoli occhi, inclinando a scatti il capo, nella luce soffusa della luna. Qualche passero più ardito si avvicinò ancora di più, osando becchettare il corpo abbandonato, ma quello non si mosse.
All’improvviso uno di loro al limite del gruppo piegò indietro il capo e dal becco spalancato uscì un trillo modulato. Altri intorno a lui lo imitarono, chi con fischi acuti, chi con gorgheggi e chi con cinguettii.
In breve l’intero stormo innalzò al cielo il suo triste commiato, sottoforma di una melodia mai udita prima d’ora.
Quello fu il primo canto degli uccelli.
Ma la creatura, che tanto li aveva ammirati, non poteva più udirlo.


Da quella notte prodigiosa trascorsero anni, poi secoli, finché i millenni divennero milioni di anni.
Nel perpetuarsi infinito delle stagioni fui spettatrice dei mutamenti che la mia superficie subì per l’azione dei venti, delle piogge, degli stravolgimenti climatici e anche per mano dell’uomo.
Le sconfinate praterie dove era nato il legame speciale di cui ero stata testimone non esistevano più. Al loro posto si erano formate distese saline desertiche dai colori vividi, ma afflitte da un calore estremo, con bacini d’acqua bollente e vulcani.
Ogni forma di vita che prima brulicava nelle praterie sterminate era stata inevitabilmente forgiata da questi eventi. Anche i volatili dalle ali variopinte, appartenuti a quell’epoca antica, alla fine si erano estinti e la memoria delle loro evoluzioni era scolorita nel tempo.
Solo un grande pennuto era riuscito a sopravvivere in quelle terre poco ospitali; alcuni gruppi di struzzi dal portamento regale, infatti, vi dimoravano indisturbati da lungo tempo.
Un giorno, però, la loro tranquilla esistenza fu turbata dalla comparsa improvvisa dell’uomo, che li spinse a spostarsi su un lembo di terra non molto distante da quella zona. Da qui osservavano incuriositi il piccolo insediamento umano, che da alcuni mesi aveva preso a profanare le sabbie roventi del loro territorio.
Gli uomini dell’accampamento erano intenti a scavare tra le dune, quando si imbatterono in qualcosa di straordinario: i resti fossili di un essere vissuto tra quelle lande desolate molto tempo addietro. Quella manciata di ossa era tutto ciò che rimaneva della creatura caduta dall’albero, che io avevo accolto pietosamente custodendola nel mio grembo, sin dalla notte dei tempi.
A distanza di milioni di anni essa fu restituita nuovamente alla luce e il suo destino da quel giorno non fu più l’oblio, perché ormai tutti quanti conoscono la storia di Lucy.
Nessuno, però, è a conoscenza del fatto che fu proprio grazie a lei se gli uccelli seppero trovare dentro di sé i suoni più struggenti e armoniosi che esistono in natura, il loro inno alla vita.
Nessuno a parte me, naturalmente. E gli uccelli.
I discendenti di quegli antichi volatili, che si odono spesso garrire nei cieli, sono i custodi di questa antica verità e mi sono testimoni.






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Messaggio Da Fante Scelto Lun Lug 22, 2024 10:30 pm

Interessante questa reinterpretazione della storia del famoso australopiteco Lucy.
Devo dire che non ero sicuro di che creatura si trattasse, man mano che la lettura procedeva, e quando poi questa è scomparsa temevo che una spiegazione non sarebbe mai arrivata. Invece sì e devo dire che, narrativamente parlando, il colpo ad effetto funziona molto bene e fa sorridere di gusto.
Mi è piaciuta meno invece la scelta di assegnare alla morte di Lucy la causa del canto degli uccelli, proprio perché il loro suono è generalmente piacevole e mal si addice, come inno alla vita, al cordoglio per una morte.

Il pianeta narratore, che sarà la componente più ostica di questo step, mi ha convinto solo in parte. Certamente ha un buon registo linguistico, calmo, posato, molto in linea con una narratrice anziana (l'ho letto mentalmente come se lo stessi leggendo a voce alta su un palco, e continuavo a sentirlo come raccontato da una donna anziana appunto). Però allo stesso tempo non mi lascia grandi sensazioni, cioé a fine lettura non sono riuscito a dire "cavoli, qui era veramente il pianeta che parlava".
Non che sia facile, infatti mi aspetto di avere questa sensazione molte volte leggendo i racconti, ma è il vero scoglio dello step e tanto di cappello a chi riuscirà a convincermi per bene da questo punto di vista.

Nulla da dire invece sulla scrittura, pulita, credo priva di refusi, efficace, molto fluida da leggere.
Insomma, un buon lavoro che si incasella bene nei requisiti dello step.
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Messaggio Da caipiroska Mar Lug 23, 2024 1:54 am

Trovare Lucy in questo racconto è stata una piacevole sorpresa, un cameo inaspettato che regala un guizzo in più al testo.
Il racconto ha un buon ritmo, è scorrevole e lineare e si lascia leggere con facilità: è come una sorsata di acqua fresca che scivola via ma, come l'acqua, non lascia un sapore deciso dietro di sè.
L'autore segue una buona intuizione, ma non riesce a far ruotare bene il testo sul cardine portante: cioè il perchè per cui tutto ciò avviene.
A mio avviso non è ben indagato il motivo principale per il quale questo essere (all'inizio un pò enigmatico) diventa così importante per la colonia di uccelli che abita l'albero e di conseguenza non appare ben giustificato il cordoglio dei volatili a riguardo e la conseguente nascita del canto (sorvolando sul fatto che il canto degli uccelli è comunque festoso e difficilmente si associa a una sorta di requiem...).
... più il tempo passava, più il loro singolare legame si rafforzava. si legge a un certo punto, ma non sono chiare le basi di questo legame o in che modo le due parti si arricchiscono vicendevolmente: Lucy ammira gli uccelli e gli uccelli... cosa? Sono lusingati dall'ammirazione di Lucy e per questo decidono di onorarla alla morte?
Mi sembra debole come spiegazione per giustificare questa sorta di mito sull'origine del canto e sulla conseguente reazione finale dei volatili.
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Messaggio Da tommybe Mar Lug 23, 2024 3:36 pm

Ognuno interpreta la figura di Lucy in modo diverso. A me ha riportato in mente: Lucy in the sky with Diamonds.
Il capolavoro dei Beatles, scritto sotto allucinogeni forse non c'entra un tubo e l'autore mi tirerà qualcosa di pesante solo per averlo pensato. 
Per farmi perdonare dirò che il tuo racconto è nel mio podio.
Lucy è nel mio podio.
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Messaggio Da Byron.RN Mar Lug 23, 2024 10:33 pm

Il racconto è scritto bene ma non mi ha coinvolto molto.
La narrazione è abbastanza lenta, compassata, in alcun parti risulta essere troppo descrittiva(per il mio gusto).
La figura di Lucy rende il racconto più misterioso e interessante, ma non basta per risollevarlo verso le prime posizioni.
Un'ultima considerazione: a me è piaciuta la trovata dei volatili che attraverso l'emozione scoprono di avere una voce per potere esprimere il loro stato d'animo.
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Messaggio Da Petunia Mer Lug 24, 2024 9:55 pm

Un bel racconto molto curato nella forma, nella scelta delle parole, nella punteggiatura. La Terra, con la sua voce arrochita dal tempo, narra una storia segreta e antica e mi sono seduta “accanto al focolare” per ascoltarla come si ascoltano le leggende. 
Bella l’idea e scritto molto bene, trova una degna conclusione evocando la mummia Lucy. Mi è solo mancato il coinvolgimento emotivo ma questo penso sia dovuto al tipo di narrazione onniscente, adatta per il genere prescelto, ma un po’ fredda.
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Messaggio Da FedericoChiesa Ven Lug 26, 2024 4:26 pm

Non sono molto convinto: non dalla scrittura, precisa, non dalle immagini, vivide, ma dalla trama in sé.
Gli uccelli vivono tutti sopra un immenso albero: perché?
Quando l’uomo ritrova i resti di Lucy, lo struzzo è l’unico sopravvissuto e tutti gli altri uccelli sono estinti: vero?
La giustificazione di come nasce il canto degli uccelli è simpatica, ma un po’ deboluccia.
Il pianeta narratore c’è e non c’è: è una presenza che assiste a un fatto, non partecipa, ma potrebbe essere altro e non la Terra.
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Messaggio Da ImaGiraffe Lun Lug 29, 2024 10:33 am

Una bella leggenda sull'origine del canto degli uccelli. 
Semplice, ma nella sua accezione più bella. 
È genuina e lascia un bellissimo ricordo. 
Ammetto che temevo non ci sarebbe stato lo svelamento della creatura e, te lo dico in tutta franchezza, mi avrebbe rovinato l'intero racconto e invece sei risulto a colpirmi con un vero tocco di classe, bravo. 
Ho un unico difetto da segnalare, e qui entra in ballo la mia passione per questo genere di racconti: non mi è piaciuta la trovata sulla nascita della voce degli uccelli. Mi sembra un pochino sottotono. Un'idea poteva essere quella che la creatura donasse, prima di spirare, la sua voce agli uccelli, e poi loro intonavano quel canto. Ma questa è solo una mia idea. Il tuo racconto mi è piaciuto anche così.
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Messaggio Da Giammy Mar Lug 30, 2024 3:53 pm

Bello, bello, bello. L'atmosfera è perfetta, la scrittura è fluida, la narratrice è pacata e saggia, proprio come la terra.
Personalmente avrei dato più spazio al rapporto di Lucy con gli uccelli e alla nascita delle abilità canore grazie a lei. 
Però non discuto mai le scelte dell'autore/ice che avrà avuto le sue ragioni per arrivare a questo tipo di stesura finale.
Nell'insieme penso sia un ottimo lavoro, finora tra i miei preferiti.
Grazie per il tuo contributo.
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Messaggio Da Albemasia Mer Lug 31, 2024 8:29 am

Un racconto dove storia e leggenda si fondono per dare vita a un’intuizione originale, narrata con uno stile fluido e privo di refusi.
La Terra incarna il classico narratore onnisciente che con voce pacata svela al lettore un’”antica verità”: il mito della nascita del canto negli uccelli.
La trama è semplice, l’atmosfera fiabesca e forse proprio per questo motivo la rivelazione finale, che dà corpo alla figura misteriosa di questa “creatura” in Lucy, l’australopiteca, conferisce un guizzo in più alla storia, che altrimenti sarebbe risultata un po’ troppo evanescente.
Personalmente ho apprezzato l’idea di far scaturire l’origine del canto da una profonda emozione come conseguenza del legame nato con la creatura. Questa relazione non è indagata a fondo forse, ma si lascia comunque intuire dalla narrazione che la Terra fa della vita condivisa tra la “creatura” e gli uccelli ed è sintetizzata nella frase: “più il tempo passava, più il loro singolare legame si rafforzava”.
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Messaggio Da Susanna Mer Lug 31, 2024 11:38 pm

Un racconto che ci porta ai primordi della vita dell’uomo sulla terra, quando tutto era meraviglia e scoperta  per i nostri progenitori, con una Lucy che – in questo racconto - potremo definire il primo esempio di scienziato del pianeta (sicuramente Darwin ne è stato un pro pro pro ecc. ecc. nipote!).
Il canto/il vocalizzo per gli uccelli è molto importante, sia nella fase del corteggiamento che per colloquiare con altri membri della propria specie, per lanciare allarmi ecc., quindi è un elemento importante. Non so se questo racconto nasca da un contenuto scientifico o sia solo fantasia, ma lo spunto che il dolore per la perdita di quello che oggi potremmo definire amico determini un passo nell’evoluzione… perché no? Anche se trovo piuttosto improbabile che gli animali, anche nel periodo dei loro primi passi, anzi voli, non avessero voce.
Ma non è poi così importante trovare sempre l’assoluta verità nei racconti, soprattutto quando, come questo, sono ben strutturati, portando ad accettare tranquillamente quanto narrato.
Un mio piccolo rilievo, ma deriva da gusti personali ovviamente, in alcuni tratti il testo è un po’ ridondante nelle descrizioni ma con un ritmo comunque che aiuta la lettura, pur in mancanza di dialoghi che alleggeriscano i vari passaggi.
La scrittura è davvero buona, con un lessico ricco e adatto anche alla lunghezza del racconto.
I paletti direi che sono stati gestiti molto bene.

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Messaggio Da Arunachala Lun Ago 05, 2024 6:40 pm

devo dire che la figura di Lucy l'avevo immaginata e, una volta scoperto che era lei, ne sono stato contento.
scritto piuttosto bene, senza refusi, però non mi lascia molto.
non sono rimasto coinvolto come pensavo dopo aver letto la prima parte.
è un racconto comunque di piacevole lettura.

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Messaggio Da AurelianoLaLeggera Mer Ago 07, 2024 8:52 am

Partiamo da un complimento: è senza dubbio un buon racconto. In questi casi si può andare a cercare un po' il pelo nell'uovo.
Non mi ha convinto la storia, prima di tutto.
Certo, è una storia di fantasia, ma alcune cose non mi sono sembrate ben gestite: tutti gli uccelli su un grande albero?

"La creatura comprese di essersi imbattuta nel rifugio degli splendidi esseri alati."  Questa frase lascia immaginare questo.

Anche la solitudine della creatura mi convince poco, così come la rivelazione che si tratti di Lucy che, è vero, dà un tocco in più alla storia ma alla fine non aggiunge molto, sembra solo una piacevole coincidenza.

infine una nota sulla scrittura: in alcuni casi l'ho trovata ridondante: troppi aggettivi, e troppo ricercati. Potrebbe essere una cosa voluta, da imputare ad un linguaggio peculiare della Terra, o semplicemente una ricerca troppo insistita dell'immagine poetica.
Es:
fusto dalla ruvida corteccia, per poi aprirsi in rami frondosi che si protendevano verso il cielo


posare i piedi sulle poderose radici



 Sono rimasto con il dubbio ma, magari, è solo un fatto di gusti personali.



In ogni caso torno alla premessa: un buon racconto, ed è proprio sui buoni racconti che viene voglia di essere un po' pignoli.

Grazie
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Messaggio Da Resdei Mer Ago 07, 2024 5:06 pm

Scrittura raffinata, descrizioni vive e ben tratteggiate per spiegare il mito.
Per tutto il racconto la creatura rimane misteriosa, estranea, quasi una minaccia in quel mondo di uccelli, così lontano e differente dal suo essere.
Eppure, la morte di Lucy viene riconosciuta, il cinguettio, che dopo diventerà l’inno alla gioia, è il primo canto funebre. 
Bella e originale rappresentazione. Un buon lavoro.
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Messaggio Da vivonic Dom Ago 11, 2024 10:39 am

Ti dico la verità: non mi è piaciuta la conduzione del racconto. Troppa cronistoria, per quanto contornata dalla tua capacità creativa, che però non viene valorizzata in nessun aspetto, probabilmente perché la tua idea necessita di molte più battute per sublimare.
Belle alcune immagini, ma il complesso non mi convince, mi spiace.

______________________________________________________
Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Messaggio Da paluca66 Dom Ago 11, 2024 5:13 pm

Un racconto scritto benissimo, con molta cura, senza refusi e un attenzione alla scelta dei vocaboli quasi maniacale. La trama, invece, non è riuscita a coinvolgermi e convincermi pienamente. Da una parte io associo il canto degli uccelli al risveglio del mattino, a qualcosa di allegro e festoso e pensare che sia sgorgato, invece, in un momento di grande tristezza per di più in piena notte mi lascia perplesso. Inoltre mi sembra strano che gli uccelli in possesso da sempre di questa magnificenza (il canto) non ne abbiano mai fatto uso prima in nessuna occasione. La Terra c'è ma anche qui appare più una spettatrice che un personaggio principale del racconto.

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Messaggio Da Gimbo Mar Ago 13, 2024 7:20 pm

Il racconto è scritto in maniera pulita e scorrevole, con una narrazione che si lascia leggere piacevolmente. L’idea di inserire la figura di Lucy è stata una sorpresa interessante, che ha dato un tocco di originalità alla storia. Tuttavia, ho trovato la connessione emotiva tra Lucy e gli uccelli un po’ debole. La spiegazione del loro legame e del perché il canto degli uccelli nasca dal dolore per la sua perdita non è completamente convincente. Capisco l’intenzione di creare un mito sull’origine del canto, ma il risultato finale non riesce a trasmettere pienamente l’emozione che ci si aspetterebbe da una storia di questo tipo.

Il tono del racconto, con la Terra come narratrice, è appropriato per la leggenda che si vuole raccontare, ma manca quel qualcosa in più che faccia davvero percepire la voce del pianeta come un'entità antica e saggia. In alcuni punti, il racconto assume un tono didascalico che può risultare un po’ troppo descrittivo, riducendo l'impatto emotivo della narrazione.

In sintesi, un racconto ben scritto e con un'idea interessante, ma che avrebbe potuto sviluppare meglio il legame emotivo tra i personaggi e il loro mondo. Complimenti comunque per l’ottima scrittura.
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Messaggio Da Akimizu Mer Ago 14, 2024 11:10 am

La scrittura, per mio personale gusto sia chiaro, è un po' troppo ricercata, non credo ce ne fosse bisogno in questo testo, forse una scelta più semplice e scorrevole l'avrebbero reso più fiaba che mito e mi sarebbe piaciuto di più. Detto questo l'idea è molto buona e l'ho letto con piacere, fino al colpo di teatro davvero riuscito. Avevo intuito si trattasse di un antenato dell'uomo, ma dargli un nome, farlo impersonare da un essere che conosciamo tutti, ha ancorato la leggenda alla realtà, bravo. A rileggerci!
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Messaggio Da Molli Redigano Mer Ago 14, 2024 12:54 pm

Un racconto ben scritto nel quale l'assenza di dialoghi non pesa così come l'effetto muro di parole è vanificato da una narrazione fluida e coerente. Ho apprezzato particolarmente la descrizione di quei luoghi lontani nel tempo, nonché dei "personaggi" che ci vivevano.

Per tutto il racconto mi sono chiesto chi fosse la creatura amica degli uccelli muti. Non sapevo se alla fine sarebbe stata rivelata la sua identità, per cui scoprire che si trattasse della famosa Lucy mi ha piacevolmente sorpreso: un'interessante interpretazione della sua storia, ben plasmata con i paletti del contest.

In un certo senso definirei questo racconto una specie di leggenda, non tanto legata a Lucy quanto al canto degli uccelli.

Grazie e Buone Vacanze!
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Messaggio Da Hellionor Mer Ago 14, 2024 10:52 pm

Car autor
Ho trovato il tuo racconto gradevole e ben condotto, non è propriamente un genere che mi è congeniale ma l'ho letto con piacere.
Un po' leggenda un po' fiaba,, ho davvero apprezzato scoprire Lucy nella creatura da te descritta, un bel colpetto di scena che rende tutto ancora piu intrigante.
Mi hai convinta.
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Messaggio Da Achillu Ven Ago 16, 2024 11:05 am

Ciao, Penna.

Hai inventato un nuovo mito o una nuova leggenda, solo che non succede poi molto. L'arrivo di Lucy sull'albero dovrebbe sconvolgere le relazioni esistenti così come l'arrivo di un nuovo cucciolo in una casa già abitata da altri animali domestici; invece non succede nulla di tutto questo. Visto che il focus della narrazione, anticipato dal titolo, è il canto degli uccelli, avresti potuto esasperare i tentativi (e i fallimenti) degli abitanti dell'albero per trovare una propria voce, magari proprio nel tentativo di comunicare con la nuova creatura.
Ti faccio comunque i complimenti per la fantasia. L'idea di base del racconto mi ha colpito positivamente.

Grazie e alla prossima.

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Messaggio Da Albemasia Mer Ago 21, 2024 5:36 pm

Innanzitutto ringrazio @Byron.RN, @Fante Scelto, @Giammy, @Imagiraffe, @Molli Redigano per avermi votato e tutti quanti abbiano espresso apprezzamenti e critiche costruttive, che sono sempre preziose.


Dei tre step, questo per me è stato il più ostico. Almeno all’inizio pensare alla Terra come narratore e agli uccelli come argomento mi ha spiazzato e mi ha lasciata per alcuni giorni senza idee.
Poi l’dea di fare interagire una “creatura” con i volatili ha cominciato a prendere forma e a mano a mano che la storia si scriveva, si faceva chiara l’immagine di un ominide.
Da lì all’idea di Lucy il passo è stato breve.
In una prima stesura del racconto, la Terra narrava di una spedizione in cui gli archeologi ascoltavano “Lucy in the sky with diamonds” (e bravo @tommybe!) proprio nelle settimane in cui effettuavano gli scavi da cui poi fu rinvenuta la giovane australopiteca. Che in onore di questo pezzo dei Beatles, così fu chiamata. E questo è storia.
Poi l’ho tagliato per timore di andare fuori tema con gli uccelli, ma col senno di poi forse ho fatto male.


Per rispondere a @caipiroska, il legame che si crea tra l’ominide e i volatili è un legame che nasce dalla condivisione degli spazi e dello scorrere della vita, un legame che non trova un’ancora nella realtà scientifica, naturalmente. Forse avrei potuto indagare di più la loro relazione, ma mentre scrivevo temevo di dare troppo spazio alla storia della creatura, spostando il focus dal tema principale. Il limite di avere dei paletti, credo. 


Per rispondere invece a @FedericoChiesa e a @AurelianoLaLeggera, ho compreso il senso della vostra obiezione, ma nel racconto il grande albero solitario costituiva l’unico rifugio nella vasta prateria cui i volatili di quella regione potevano ricorrere. Il che non escludeva la presenza di altri uccelli sulla Terra. Probabilmente non sono riuscita a trasmettere bene questo aspetto. 
Quanto alla figura degli struzzi come discendenti di quegli uccelli preistorici è dovuta al fatto che i resti fossili di Lucy, la cui morte - secondo una teoria scientifica abbastanza accreditata – sarebbe compatibile proprio con una caduta da un albero, furono rinvenuti in una regione del Corno d’Africa. Questa regione un tempo era probabilmente ricoperta da praterie e alberi, ma nel corso di tre milioni di anni si è trasformata in una zona depressa desertica, dove tra le specie animali che sono riuscite a sopravvivere, a causa delle condizioni di vita proibitive, ci sono appunto gli struzzi.
Però se il testo ha lasciato adito a dubbi, significa che non sono riuscita a trasmettere queste informazioni nel racconto, forse per il timore di apparire troppo didascalica.


La scrittura per alcuni è risultata troppo ridondante, quasi maniacale nella scelta degli aggettivi, didascalica e descrittiva.
È vero, ma per la prima volta in questo contest mi sono concessa di esprimermi nel modo che più rispecchia il mio stile, consapevole del fatto che sarei andata incontro a critiche.
Ma, come sempre, vedrò di fare tesoro dei consigli e dei commenti per i prossimi racconti: non dobbiamo mai smettere di metterci in gioco se vogliamo “crescere” (anche) come Penne.
Ad maiora!
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