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Messaggio Da Different Staff Mar Lug 27, 2021 10:19 am

Mi chiamo Timothy Miller, ho diciannove anni e festeggerò il ventesimo nel luogo più incredibile sulla faccia della terra: un atollo corallino in mezzo all’Oceano Pacifico.
Il viaggio è stato interminabile, ma ora ho gli occhi pieni di paradiso. Riesco a vedere l'oceano su entrambi i lati dell’isola, l'acqua è calda, la spiaggia bianca. Mi sembra di essere dentro a una cartolina.
Non ho mai visto prima colori tanto meravigliosi. Il mare e il cielo si fondono e, se alzo lo sguardo, mi sembra di muovermi sospeso a mezz’aria. Starei ore a fissare l’orizzonte.
«Tim, muoviti! Non hai sentito che c’è il briefing
Nel gruppo siamo duecento, ma Mike riesce sempre a scovarmi. Anche lui, come me, viene dal Maine e anche per questo è stato facile fare amicizia. Suo padre possiede un’officina meccanica e lo ha lasciato partire malvolentieri. Neppure i miei hanno approvato la mia decisione di arruolarmi, non capiscono che non sono partito per fare la guerra.
Farò parte dell’operazione “ripuliamo Enewetak”. L’America ha qualche peccato da farsi perdonare, ma ha deciso da tempo di interrompere gli esperimenti atomici sulle Isole Marshall. L’impegno è restituire le terre incontaminate alle popolazioni locali. I lavori di pulizia sono già avviati da qualche anno, ma c’è ancora molto da fare, e io sono fiero di dare il mio contributo.
Non ci hanno detto molto sulla missione, so soltanto che abbiamo il compito di rendere la zona di nuovo abitabile e ripulirla a dovere. Siamo in tanti e ci sono molti mezzi impegnati.
L’esercito ci ha fornito divise leggere: pantaloni corti, camicie a mezze maniche e dei cappelli a tesa larga per ripararci dal sole. Mia madre ha insistito che mi portassi una crema solare con protezione alta, ma, appena ho potuto, l’ho gettata nel primo cestino per l’immondizia: non volevo farmi prendere per il culo da un intero esercito.
A pensarci adesso, però, non è stata un’idea grandiosa.
La mia pelle chiara è già tutta arrossata e ancora non siamo scesi dalla nave: lo faremo a gruppi di cinquanta. Mike e io siamo nel terzo gruppo dell’ottantaquattresimo battaglione.
«Qualsiasi lavoro, su isole che hanno una certa radioattività residua, viene attentamente monitorato e vengono utilizzate tute protettive e respiratori.» Il sergente maggiore Ford ci mostra l’abbigliamento speciale e come indossarlo correttamente.
«Ci sono ancora radiazioni?» Qualcuno è sbiancato alla vista di quegli indumenti.
«Queste servono solo per fare qualche filmato e un po’ di foto per gli esaltati della stampa. La maggior parte delle attività di pulizia è su isole prive di detriti radioattivi. L’area è bonificata e non ci sono pericoli.». Il comandante ha la risposta pronta.
Mi sento tranquillo. È un clima talmente caldo e umido che con quella roba addosso potremmo liquefarci o morire per un colpo di calore. Altro che radiazioni.
Ad attenderci sulla riva c’è una troupe cinematografica militare.
Sembriamo le comparse sfigate del film Alien. Ci mettiamo in posa per una foto di gruppo e, appena finito, ci togliamo questa merda di dosso.
Altri ragazzi si sono già tolti persino le camicie e stanno a torso nudo.
Il nostro accampamento copre una buona metà dell’area dell’atollo. Le costruzioni sono in legno e dentro ospitano le camerate e gli sgabuzzini per l’attrezzatura necessaria agli scavi.
«Mike, che ne dici se stasera dormiamo sulla spiaggia? Voglio coprirmi con una trapunta di stelle!»
«Tim, dimmi ancora una cazzata del genere e ti tolgo il saluto!»
C’è appena il tempo di prendere visione delle nostre brande: dobbiamo di nuovo imbarcarci per raggiungere l’atollo Runit.
Nel giro di qualche ora ci troviamo a camminare sulla sabbia bianca in pantaloncini corti, stivali di gomma e maschera da imbianchino.
Andiamo alla ricerca di frammenti di metallo delle navi esplose, detriti, roba della seconda guerra mondiale, elmetti giapponesi arrugginiti. Tutta questa immondizia verrà sepolta nel cemento all’interno di un cratere che si è generato durante un’esplosione nucleare.
Scaviamo il terreno pochi centimetri alla volta, fino a quando i contatori geiger non smettono di ticchettare. A volte raccogliamo i rottami e li spruzziamo di vernice rossa per indicare che si tratta di un oggetto “caldo”, potenzialmente radioattivo.
I camion viaggiano avanti e indietro per caricare e scaricare i detriti dentro al cratere.
La polvere, fine come borotalco per bambini, si alza ovunque.
«Con questa maschera non riesco a respirare. È impregnata di sudore.» Mike dà di matto dopo poche ore.
«Faresti meglio a tenerla. Io faccio dei piccoli respiri di tanto in tanto.»
Le mie buone intenzioni vanno subito a farsi fottere. Dopo poco getto anche la mia insieme al resto dei rifiuti.
Ci hanno fornito anche di badge che cambiano colore quando ci avviciniamo a una zona a rischio contaminazione. È inutile tenerli addosso, si appiccicano alla pelle sudata e non funzionano.
Oggi ho dovuto togliermi i guanti per rimuovere un pezzo di non so che cosa che si era conficcato in profondità. Mi ha dato una mano anche Mike perché con la vanga non riuscivamo a estrarlo. Il contatore geiger è impazzito.
Tictictictictictictitrrrrtictictrrrtic…
Ho chiesto al sergente se fosse pericoloso trasportare quel materiale a mani nude.
«Sono solo raggi gamma, non ti faranno male. Ti passeranno attraverso e non sentirai niente.» Ford è in missione qui da un paio di anni. Mi fido di lui.
Quando rientriamo alla base la prima cosa che faccio è togliermi gli stivali e andare sulla riva a svuotarli dal sudore.
Vedere l’acqua cristallina e non potermi immergere mi provoca un dolore fisico più forte delle vesciche che ho sotto i piedi.
Lavoriamo dalle dieci alle dodici ore al giorno nel sole del Sud Pacifico, sei giorni alla settimana e non pensavo di stancarmi così tanto. Più che altro sono giorni che ho un gran mal di testa e non sono il solo. Siamo qui da soltanto tre mesi e c’è già qualche branda vuota.
Mike mi ha detto che è meglio non fare domande.
Per fortuna che abbiamo buone riserve di alcol e stasera è sabato e si fa festa. Mike si unisce al gruppo che va a calpestare i topi nella discarica dell’isola. Si comporta proprio come un selvaggio, ma penso gli faccia bene distrarsi. Mi è sembrato preoccupato in questi ultimi tempi. Quanto a me, preferisco approfittare della confusione per andare a sdraiarmi sulla spiaggia.
Il silenzio è rotto dagli schiamazzi dei compagni. Mi allontano un po’. I piedi affondano nel velluto fresco della sabbia. Le palme ondeggiano mollemente sotto le carezze del vento.
Forse ho bevuto un po’ troppo, sento che devo vomitare.
Mi inginocchio sulla riva e una fitta alla testa mi scardina i pensieri. Mi sdraio e mi lascio massaggiare le tempie dalla risacca.
«Tim, alzati. Ti fa male restare qui.»
«Mike, non rompermi i coglioni.»
«Non mi chiamo Mike, il mio nome è Tanui.»
Faccio una gran fatica a voltarmi verso la voce che mi rimbomba nella scatola cranica.
Devo stropicciarmi gli occhi. Una folata di vento li fa lacrimare e tutto è sfuocato come se il tergicristallo non riuscisse a spazzare via la pioggia battente sul parabrezza.
La spiaggia sembra vuota, illuminata solo da un pugno di stelle. Di nuovo sento la voce.
È un suono strano, quasi provenisse dalle profondità della Terra. Tendo l’orecchio.
«Tim, devi scappare via da questa isola.»
Sarà perché ho lo stomaco al posto delle orecchie, ma decido di stare al gioco. Magari qualche nativo clandestino vuole spaventarmi. Nonostante l’esercito abbia vietato loro di venire qui, alcuni arrivano di notte per curiosare. Non vedo barche nei paraggi, però.
«Tanui, non ti farò del male. Fatti vedere!»
«Non posso uscire fuori. È troppo pericoloso.»
«Ma io non lo dirò a nessuno. Fidati di me!»
«Se vuoi conoscermi, vai a prendere la pala e scava qui sotto.»
Individuo un pezzetto di legno e lo conficco nella sabbia. Un grido sgraziato mi fa sobbalzare: «Così mi fai male!»
Mi alzo di scatto, ma la testa mi gira e procedo barcollando. Non riesco a capire cosa stia accadendo.
Mi faccio coraggio e raggiungo l’accampamento. I ragazzi sono ancora a gozzovigliare. Vado nello sgabuzzino e prendo la prima pala che mi capita a tiro. Il mio sabato sera sta prendendo una piega interessante.
Ho il fiato grosso quando raggiungo la riva. Il paletto è esattamente dove l’ho piantato. Non l’ho sognato. È già qualcosa di positivo.
Mi siedo e cerco di sintonizzare il respiro col moto delle onde.
«Sei tornato! Non ci speravo più.»
«Che devo fare con questa?»
«Quello che fai tutto il giorno. Scava! Ma stai attento a non ferirmi.»
Comincio a spalare con delicatezza e la voce si fa sempre più chiara fino a quando non vedo sbucare la testa piumata e il becco adunco di una berta. È in questo preciso momento che mi rendo conto che, a parte schifosissimi topi, non ho visto altri animali sull’isola. Né sentito il canto delle berte. Forse è un danno collaterale degli esperimenti atomici.
«Alla fine, sei riuscito a trovarmi! Sono davvero contenta.»
«Sei proprio tu Tanui? Che ci fai qui sotto?»
«Aspettavo il tuo arrivo.»
«Puoi uscire adesso.»
«No, io resto qui.»
«Perché hai così tanta paura? Ti ho detto che con me puoi stare tranquilla.»
«Non sei tu a mettermi in pericolo.»
«Cosa posso fare per te?»
«Devi portare in salvo il mio uovo. Qui non potrà mai dischiudersi, c’è troppo veleno.»
«Che ne sai di queste cose? Ormai non ci sono più zone contaminate. Abbiamo ripulito le spiagge a dovere e sigilleremo tutto quanto sotto una immensa cupola di cemento. Sarà come se non fosse mai accaduto niente.»
«Niente, dici? Sei certo di sapere cosa è successo da queste parti?»
«Esperimenti. Proprio per poter capire come evitare i danni dei disastri nucleari.»
«Interessante il tuo punto di vista… Provocare catastrofi per difendersi da possibili catastrofi. Eppure siete voi umani quelli intelligenti.»
«In fondo, questa parte del pianeta è quasi disabitata.»
«Non ti credevo così cieco. Hai parlato con la gente che viveva qui?»
«Il governo ha fatto evacuare gli abitanti proprio per proteggerli e presto riavranno le loro terre più belle e pulite che mai.»
«Per certi veleni non ci sono antidoti. Dovresti saperne qualcosa anche tu. Guarda come ti hanno ridotto.»
Sono confuso. Comincio a pensare che Tanui sia molto più saggia di me. Possibile che ci abbiano fregati tutti quanti?
«Dimmi Tim, quante tartarughe marine hai visto da queste parti?»
«Solo qualche carcassa, in realtà.»
«E non ti sei chiesto perché? Questa era la spiaggia dove venivano a deporre le uova. Guardati intorno. È un deserto.»
«Forse hanno scelto un altro luogo.»
«Una di loro, Naari, era mia amica. L’ho vista deporre le uova e arrancare, smarrita sotto il sole, verso l’interno dell’isola. Ho cercato di dirle che il mare era dall’altra parte, ma lei non mi ha creduto; ormai aveva perso del tutto l’orientamento. Ha cominciato a nuotare sopra la sabbia rovente. I movimenti sempre più lenti, fino a reclinare la testa e addormentarsi per sempre.»
«E i suoi piccoli?»
«Non sono mai nati… le uova erano sterili. Come è capitato anche a tanti uccelli. Giorni e giorni a covare dei gusci vuoti.»
«Come fai a saperlo?»
«Sono anni che ci passiamo le informazioni. Da quando c’è stata la grande luce, non abbiamo più avuto una terra sicura dove andare a fare il nido. Molti sono morti. Alcune specie si sono estinte.»
«E tu come hai fatto a sopravvivere?»
«Restando nascosta dentro al mio buco nella sabbia. Ce ne sono altre come me… anche se tante non sono più riuscite a uscire vive. Pensi di potermi aiutare?»
«Per prima cosa dovresti uscire dal nascondiglio.»
«Sono terrorizzata. Non voglio vedere la luce.»
Una scossa mi attraversa il cervello e va dritta allo stomaco. Chiudo gli occhi: inspiro, espiro. Il cuore danza al ritmo di una rumba. Ho le labbra riarse e salate.
Riprendo il controllo. Lo sguardo dell’uccello lacera i miei dubbi. Sento che ci assomigliamo, in qualche modo.
«Tanui, porterò al sicuro te e il tuo uovo. So dove andare, ma devi fidarti di me.»
Mi tolgo la camicia, la distendo sulla sabbia e invito l’uccello salirci sopra. Tanui sembra capire le mie intenzioni e si fa catturare senza opporre resistenza. La copro con un lembo di stoffa e mi metto a cercare sotto la sabbia. Sto grondando di sudore. Cerco di scavare con delicatezza finché lo vedo. Con la mano a conca raccolgo l’uovo e lo appoggio con delicatezza accanto alla madre. Non ci giurerei, perché è troppo buio, ma mi pare di veder scintillare una lacrima negli occhi di Tanui. Non pensavo che gli uccelli potessero emozionarsi. Infine, chiudo il prezioso fagotto con un bel nodo.
Quando raggiungo l’accampamento è quasi l’alba.
La porta della rimessa si apre con un leggero cigolio. È incredibile come certi rumori si amplifichino nel silenzio.
Jack il rosso ha il sonno leggero e viene a vedere che succede.
«Che cazzo fai? Oggi è domenica e non si spala, coglione!»
«Devo pisciare. Oppure devo fartela negli stivali?»
«Che fai, pisci nello stanzino degli attrezzi? Hai paura che ti vedano l’uccellino?»
«Magari è proprio così, stronzo!»
Borbotta qualche volgarità e, per fortuna, torna a dormire.
Trattengo il respiro. Slego il nodo con cautela. Tanui ha la testa nascosta sotto l’ala. L’uovo appare in buone condizioni.
L’angolo in fondo a sinistra del ripostiglio è libero dagli attrezzi. Mi sembra il posto ideale. Per non fare rumore mi metto a scavare con le mani fino a spezzarmi le unghie.
Non servirà una buca tanto profonda, per il momento. Tanui, rassicurata dal buio dello stanzino, mi osserva senza dire una parola e riesco persino a percepire la gratitudine nel suo sguardo.
«Ecco fatto. Per il momento vi sistemerò qui dentro; poi, cercherò il modo di portarvi via da questa isola. Te lo prometto: il tuo piccolo nascerà.» Le accarezzo le piume e ricopro la tana improvvisata.
Sono esausto. Devo andare a riposarmi. Riesco a malapena a buttarmi nella branda.
Mi sveglio in un lago di sudore e di vomito.
Qualcosa mi sta trapanando il cervello. Il sergente Ford strilla come un’aquila.
«Quanto hai bevuto, stronzo?»
Faccio fatica a deglutire, ho le labbra incollate e la gola in fiamme. Riesco a malapena a sollevare tre dita per rispondere.
«Tre bottiglie? Figlio di puttana, hai fatto un gran casino.»
Inutile cercare di spiegarmi. Non riesco neppure ad alzare la testa dal cuscino.
Devo aver perso i sensi.
Sento solo il ticchettio frenetico del contatore geiger con il quale mi stanno controllando.
La voce asettica del medico suona come una sentenza. Indossa una tuta e un respiratore.
«Dobbiamo congedarlo subito.»
«Ho già chiamato i soccorsi. L’elicottero sarà qui entro le diciotto.» Non riesco a capire chi si nasconda sotto quella maschera. Non mi pare nessuno di familiare.
«Vorrei almeno salutare Mike prima di partire.»
La mia voce è appena percettibile, ma ora sembrano tutti gentili con me.
«Non è proprio possibile, ci spiace.»
«Tanui deve partire insieme a me!»
«Non agitarti, cerca di respirare e stare tranquillo. Stiamo facendo il possibile per farti tornare a casa presto.»
«Ma io le ho promesso di proteggere il suo uovo!»
So riconoscere gli sguardi di commiserazione. Credono che io stia dando i numeri e forse è così. Forse Tanui esiste solo nel mio cervello contaminato.
Chissà che avrà pensato Mike quando ha visto la mia branda vuota. Non si sarà fatto troppe domande, lo conosco.
Oggi è il venti maggio del 1980 e non è così che immaginavo di festeggiare il mio ventesimo compleanno: disteso sul letto di un ospedale, con le braccia piene di cannule e aghi.
L’unica cosa buona sono le infermiere, soprattutto Patricia. Ma dubito che riuscirei a farla felice, al momento. Certo che, in fondo, non mi è andata male. Almeno posso festeggiare. Le chiedo di leggermi il giornale.
La grande cupola “Cactus” situata a livello del mare, col proprio diametro di centoquindici metri e una superficie di nove chilometri, è stata ultimata. Trecentocinquantotto blocchi di cemento, spessi quasi mezzo metro, ricoprono le scorie radioattive prodotte durante gli esperimenti nucleari sull’atollo di Enewetak negli anni tra il 1946 e il 1962.
«Ottimo lavoro, soldato Timothy Miller!» Patricia cerca il mio sorriso.
«Io ho contribuito poco però…»
«Su, su! Niente commiserazione oggi.» Sta per ripiegare la pagina quando la vedo illuminarsi: «Nooo, ma questo è incredibile! Senti qua…»
Attende che la guardi e ricomincia a leggere.
Nell’accampamento che ospita l’ottantaquattresimo battaglione, una berta ha fatto il proprio nido nel ripostiglio degli attrezzi. I soldati si sono presi cura dell’animale e, dopo due settimane, l’uovo si è dischiuso. La piccola berta è diventata la mascotte della compagnia. Un segno tangibile che la vita, messa a dura prova da tanti anni di esperimenti atomici, può ricominciare.
Sento scorrere le lacrime e non riesco a smettere di singhiozzare. Patricia mi guarda dispiaciuta, non comprende la mia reazione. Le mie sono lacrime di gioia.
Anche se lei non può saperlo, questo è il più bel regalo di compleanno che potessi ricevere.
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Messaggio Da Arunachala Mar Lug 27, 2021 5:41 pm

per ora è quello che mi piace di più.
certo, sono a un quarto delle letture, quindi può venire superato.
però lo tengo in considerazione di sicuro.
per un motivo, soprattutto: è una storia in grado di emozionare e questo, per me, è notevole.
è il secondo che leggo ambientato su atolli massacrati dalle atomiche, tema davvero tremendo.
bella la storia, bella l'ingenuità del ragazzo credulone, bello l'epilogo, carico d'amore.
buoni i dialoghi e le descrizioni, non ho notato refusi particolari o errori.
insomma, non so se si capisce ma mi è piaciuto

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Messaggio Da Asbottino Gio Lug 29, 2021 1:58 pm

Forse c'è un'incongruenza all'inizio. Prima dici che sei sull'isola (tra l'altro a quanto capisco è un'isola piccola, visto che vedi l'oceano da entrambi i lati, quindi forse duecento persone sopra sono troppe), poi quando parli della pelle arrosata invece scrivi che sono ancora sulla nave.
Quanto alla gestione dell'elemento narrativo "radioattività" immagino che tu ti sia documentato, quindi non metto nulla in discussione.
In sé la storia mi è piaciuta. Forse solo un po' prevedibile nel suo sviluppo. Non mi sarei aspettato una ballerina, quindi era chiaro che sarebbe comparso un animale parlante. Il risveglio nella branda e l'allontanamento dall'isola sono un chiaro depistaggio per il lettore, che quindi attende pazientemente che la berta faccia di nuovo la sua comparsa a chiudere il cerchio.
Ad ogni modo è una prevedibilità positiva, confortante, in un racconto che ha un'atmosfera un po' sognante, pur trattando un argomento molto reale. Direi che funziona proprio perché riesce a stare in un buon equilibrio. Trovo poco utile il personaggio di Mike, però.
Come scrittura la trovo funzionale, anche se avrei lavorato per cercare di movimentarla un po'. Il dialogo con la berta viene dopo una lunga parte un po' statica.
Nel complesso un lavoro migliorabile, ma che ha una sua personalità e un'idea ben precisa dietro.

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Messaggio Da Petunia Gio Lug 29, 2021 3:48 pm

Autor@ questo ė un racconto storico con qualche pennellata di fantasia, ma non troppo. 
Ho letto di moltissimi giovani soldati (qualche migliaio) mandati al “macello” , a ripulire zone contaminate nella più totale disinformazione e mancanza di adeguati presidi. Una vera mattanza passata quasi inosservata. 
Ho letto un altro racconto in cui si parla della cupola Cactus. Gli abitanti la chiamano “la tomba”. Un cratere enorme  riempito di scorie radioattive e coperto da uno strato di cemento che si sta sgretolando anche a causa dell’’innalzamento degli oceani dovuto allo scioglimento dei ghiacciai.
Un problema che coinvolge tutti quanti e del quale si conosce troppo poco.
Questo racconto, come altri che ho letto in questo step, va nella direzione del ricordo. Soprattuto di tante vite sacrificate. Fa riflettere.
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Messaggio Da Fante Scelto Ven Lug 30, 2021 9:50 pm

Storia con un buon potenziale ma dallo sviluppo non sempre all'altezza delle aspettative.
Mi è piaciuto il messaggio che c'è dietro, il senso ultimo del racconto, per dir così: illuminare un pezzo di storia recente poco conosciuto ma ancora molto attuale, con una venatura ambientalista del tutto condivisibile.

Pur premiando la particolarità della storia, non sono convinto dallo stile utilizzato.
E' tutto molto semplice, lineare, tanto nella scrittura quanto nel susseguirsi degli eventi. I pensieri del protagonista appaiono volta a volta ingenui o semplici, basilari, più tesi a spiegare al lettore che non a mostrare quello che sta succedendo.
Certo, è un ragazzo diciottenne, però mi serve più potenza espressiva per entrare in sintonia con la storia.
Anche i dialoghi non mi convincono: molto da film americano.

Ho infine un dubbio su cosa sia effettivamente capitato a Tim. Si è contaminato, ma come? Perché s'è sdraiato sul bagnasciuga? Perché la spiaggia è radioattiva?
Questo passaggio non sono riuscito a coglierlo.

Insomma, come dicevo in apertura, è un racconto con un grande potenziale ma una realizzazione che non mi soddisfa pienamente.
Ed è un peccato: ho molto apprezzato la scelta dell'ambientazione e il contesto.
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Messaggio Da SisypheMalheureux Sab Lug 31, 2021 1:42 pm

Tra i racconti a tema "ambientalista", questo è quello che ho apprezzato di più. Il tema è sempre quello delle vittime e dei disastri provocati dai esperimenti nucleari negli atolli del Pacifico. Però tu, a mio parere, hai saputo scrivere un racconto pieno di speranza. La berta che depone un uovo e fa nascere un pulcino in una situazione così drammatica è un bellissimo messaggio, la vita che va avanti nonostante lo scempio causato dall'uomo.
L'unica pecca che trovo è la caratterizzazione del protagonista. Ha solo vent'anni, è vero, ma è decisamente un po' troppo ingenuo e manipolabile, anche per un ragazzo di quell'età, mi sembra che te lo abbiano già fatto notare. Inoltre non sappiamo praticamente niente di lui. Sì è arruolato nell'esercito sì, ma non quali motivazioni? Cosa lo ha spinto a farlo? Cosa ha lasciato al suo paese prima di partire, che vita faceva prima di arruolarsl? Mi sarebbe piaciuto conoscerlo un po' meglio questo Tim, come protagonista è un po' "evanescente". Nel complesso, comunque resta una prova discreta.


Ultima modifica di SisypheMalheureux il Dom Ago 01, 2021 6:33 am - modificato 1 volta.
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Messaggio Da Antonio Borghesi Sab Lug 31, 2021 6:24 pm

Finalmente un racconto senza ballerine del Moulin Rouge però, ma questo non potevi saperlo, è il terzo sulle isole Marshall e la loro radioattività. Hai gestito molto bene tutta la situazione e perfino la berta parlante (sembra che nella realtà emettano grida come quelle di un gemito di neonato) diventa una realtà. La storia è semplice ma è proprio questa semplicità che la fa più leggibile e molto scorrevole. Brav@ Per me vali!
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Messaggio Da Ospite Sab Lug 31, 2021 9:28 pm

L'inquilino del piano terra ha messo su un'enorme gabbia di legno, in pratica una casa dove vivono due uccelli strani che somigliano alla tua berta, autore. Nella gabbia c'è pure un pappagallo enorme, molto rumoroso.
La loro presenza per me non è un problema, gli altri inquilini ancora non si sono espressi.
Perché ti racconto questo?
Non so, ma questo ultimo avvenimento mi fa sentire più vicino alla tua isola e alle attenzioni all'ambiente mortificato da disastri nucleari.
Pure qui ci sono stati disastri, in una settimana sono bruciate due pinetine e tutto il verde marginale.
Ti svelerò altro sull'inquilino del piano terra.
Tu fammi sapere se la bonifica ha funzionato.

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Messaggio Da FedericoChiesa Dom Ago 01, 2021 8:10 am

Racconto semplice e pulito.
Non sapevo di un'operazione (di facciata?) per ripulire gli atolli dalle radiazioni 
L'inizio è forse troppo raccontato.
La parte con il dialogo è più naturale anche se non mi ha coinvolto troppo l'incontro con la berta: che ci faceva sotto la sabbia? Da quanto era lì?
Comunque piacevole.
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Messaggio Da Ospite Dom Ago 01, 2021 10:15 am

Autore ti ringrazio per aver mostrato cose che pochi conoscono, tipo la ricerca di materiale radioattivo e quei ragazzi mandati allo sbaraglio.
La tua scrittura è spudoratamente sincera ed è proprio vero che gli americani hanno molti scheletri nell'armadio.
Il mio vicino e la sua compagna, una ragazza giapponese, sono rientrati abbastanza tardi ieri sera. Il pappagallone gli ha fatto le feste, molto rumorose, come un cagnolino.

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Messaggio Da Byron.RN Dom Ago 01, 2021 9:17 pm

Il racconto non è male, ma come è già stato detto l'ingenuità del ragazzo contamina(se mi passi il termine) tutta la narrazione.
Nonostante la presenza dei dialoghi poi, l'effetto generale è che la storia sia troppo raccontata e poco vissuta.
Non so, forse manca quel tono di drammaticità, di cattiveria, che una storia di questo tipo poteva trasmettere, perché come già detto l'atmosfera è pervasa completamente dall'ingenuità di Tim.
Anche la critica all'operato dell'uomo, seppur evidente, rimane poco incisiva, poiché nel dialogo con la berta a mio avviso è ammantata di troppa retorica.
Lavoro nel complesso positivo che però manca di un pò di carattere.
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Messaggio Da Susanna Lun Ago 02, 2021 4:55 pm

Un altro racconto sul tema dello scempio operato sulle isole Marshall dagli esperimenti americani.
Un piccolo angolo di paradiso distrutto – perché certe ferite hanno bisogno di tanto di quel tempo per provare a risanarsi che di vorranno generazioni per capire se il danno sia stato riparato, e comunque niente sarà mai come prima – su questa Terra, l’unica che abbiamo a disposizione.
Il racconto è scritto molto bene, non ho notato refusi e ha un buon ritmo, mai appesantito dalle sia pur e necessarie informazioni per far inquadrare al lettore il contesto, non potendo dare per scontato che tutti conoscano gli antefatti. Di fatto non è una notizia che abbia avuto molto spazio, anche all'epoca: è tornata alla ribalta qualche anno fa, in quanto pare che i lavoi non siano stati eseguiti proprio alla regola dell'arte. Torniamo al racconto
Di fatto si passa dalla crudezza di un lavoro svolto da uomini che, disinformati, lo svolgono senza la minima percezione del pericolo che stanno vivendo, anche con la “spavalderia” della giovinezza, alla dolcezza di un ragazzo - forse un po' ingenuo, ma soprattutto troppo fiducioso nei superiori, che “ascolta” il grido di allarme di un semplice uccellino. Una bella storia, semplice e delicata, raccontata senza voler lanciare crociate: la verità è ancora tutta lì, su quelle isole e in quel mare che ancora soffrono. A volte bastano poche parole e immagini bene descritte per dirlo.
Brav*.

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Messaggio Da Danilo Nucci Lun Ago 02, 2021 11:41 pm

La storia è scritta molto bene, in una forma semplice, lineare ed essenziale che è quella che preferisco, sempre. Non conoscevo la vicenda, se non per sommi capi, e ho trovato qui un’ottima spiegazione di questo goffo e tardivo tentativo di rimediare allo scempio che alcune potenze occidentali hanno compiuto, nel tempo, in quell’angolo di paradiso. Le citazioni, la descrizione delle circostanze e dei fatti dimostrano una accurata documentazione da parte dell’autore.
La prima parte scorre via veloce. Qui il protagonista si muove in un contesto molto concreto e storico. Poi arriva la berta e il passaggio dai fatti storici all’animale parlante mi ha un po’ turbato nella lettura, come del resto mi hanno sempre turbato gli animali parlanti che sono comparsi in vari racconti di questo step, anche se capisco che era un elemento strettamente necessario.
A un certo punto mi ero immaginato che l’apparizione della berta parlante fosse solo un effetto dello stato di delirio di Tim, dovuto alla contaminazione. Invece, alla fine, il colpo di scena dell’esistenza effettiva del volatile che dà al tutto un messaggio positivo di speranza.
Fuori dagli obblighi imposti dalla prova, basterebbe togliere il dono della parola alla berta per farne un racconto perfetto… sempre secondo i miei gusti.
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Messaggio Da gipoviani Mar Ago 03, 2021 8:09 am

Mi è piaciuto. Non trovo poco credibile la figura del protagonista, gli americani di provincia sono (erano) veramente così. Cieca fiducia nello zio Sam e nella sua missione di pulitore del mondo. Le cose poi non sono cambiate di tanto.
Quello che apprezzo meno è il tono del racconto: un apologo sulle cose cattive che l'uomo può fare senza un analisi, senza un chiaroscuro. A volte c'è più ironia e discussione nei libri sulla vita dei santi delle edizioni paoline.
In altre parole più della ingenuità del protagonista mi preoccupa quella dell''autore.
Ciò detto torno all'origine, un bel tema, un bel racconto.
Sicuramente migliorabile, ma una delle cose migliori che abbia letto finora.

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Messaggio Da caipiroska Mer Ago 04, 2021 5:16 pm

Il racconto è ben scritto, scorrevole e piacevole e rimane impresso con una strana velatura di tristezza, la stessa che sale dentro quando si tocca l'argomento. Insieme a tanta rabbia e impotenza. Per questo forse, a mio gusto personale, rimane un pò troppo tiepido.
Le cose che descrivi sono terribili, ma non c'è dramma nel racconto, tutto viene proposto velato da una sottile patina: sembra che il testo stesso sia stato "ripulito" per essere presentabile ai nostri occhi.
Nel testo si attinge a piene mani alla fiducia (il ragazzo ha fiducia in ciò che dicono i superiori, la berta ha fiducia nel ragazzo), ma non sempre questa fiducia è ben riposta, e questo se non vuoi è un messaggio davvero potente e molto attuale: sottolinei come sempre e comunque il genere umano si faccia abbindolare da altri individui della stessa specie. Senza rendersi conto che in questo giochino non vince nessuno...
Il finale diventa uno spazio aperto dove le situazioni si contraddicono (l'uovo della berta si schiude, ma il ragazzo ha preso qualcosa che non si cura con un'aspirina...), quindi non ho ben capito qual è il punto d'arrivo o l'ultima immagine che l'autore vorrebbe regalarci. Non credo di speranza...
Il testo ha però il grande pregio di essere chiaro e ben esposto, dove attraverso lo sguardo un pò acerbo di Tim ci si immerge in una delle più grandi atrocità commesse dall'uomo nei confronti della natura alla quale, purtroppo, sarà difficile rimediare.
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Messaggio Da digitoergosum Mer Ago 04, 2021 11:32 pm

Ciao autrice / autore.

Le pulci.

1. All'inizio sembra che Tim sia già sbarcato. In seguito si legge che non lo è. Ho provato a tornare indietro per capire se avessi interpretato male e ho continuato a non capire. Probabilmente è colpa mia, non so.

2. Utilizzi il presente, tempo difficile da gestire in un racconto. A un certo momento spieghi che sono trascorsi tre mesi dall'arrivo. In questo caso, allora, a mio parere avresti dovuto creare una cesura che giustificasse questo salto temporale gestito con lo stesso tempo verbale.

3. Piccoli refusi, non importanti.

Gradimento del testo.

Buono, una favola ecologista infarcita di ingenuità e amorevolezza. Ho trovato la prima parte molto, un po' troppo raccontata, poco in sintonia col proseguo. Manca anche, per il mio personale gradimento "a pieno", una parte di sorpresa. È stata proprio una tua scelta, ne sono certo. Grazie per aver scritto questa bella storia.
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Messaggio Da paluca66 Gio Ago 05, 2021 9:13 am

Condivido le due "pulci" di digito che mi ero annotato anch'io.
Ciò detto, a me il racconto è piaciuto molto, la sua semplicità per quel che mi riguarda, è il suo punto di forza.
Mi spiego: se voglio raggiungere quante più persone possibili con il mio messaggio non posso scrivere un mega trattato ma quanto più mi avvicino alla favola, tanto più sarò efficace.
Anche l'ingenuità di Tim l'ho trovata molto credibile, non dimentichiamoci che l'ingenuità della provincia americana è arrivata addirittura ad eleggere Trump!
Trovo il finale niente affatto scontato e, nella mia ingenuità,  carico di speranza.
Mi mancano un paio di racconti ancora da leggere ma hai altissime probabilità di essere nei miei cinque.

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Messaggio Da Hellionor Sab Ago 07, 2021 12:06 pm

Apprezzo tantissimo la storia che ci racconti e anche la speranza che ci arriva attraverso la berta e il suo uovo, ma faccio davvero fatica ad apprezzare questo scritto.
Non riesco a entrare in empatia con il personaggi principale, mi mancano le sue motivazioni e tutto un contorno che mi predisponga a comprendere le sue scelte.
Ancora di più mi serve se parliamo di un giovane americano che decide di arruolarsi per svolgere questo compito. Sapere perché potrebbe davvero essermi utile per entrare nelle dinamiche delle sue azioni.
Quindi il tuo racconto mi ha convinto a metà, lavorerei sulla prima parte per presentarci meglio Tim e farci affezionare a lui.
A rileggerti.
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Messaggio Da ImaGiraffe Lun Ago 09, 2021 11:01 am

Ciao Aut*

Racconti una storia triste e malinconica. la scrittura è semplice, efficace e diretta. Mi ha lasciato con una strana sensazione di disagio il che è positivo perché vuol dire che il messaggio di fondo sulle atrocità perpetrate in quei luoghi sono arrivate a destinazione lasciando il segno.
Quello che non mi ha convinto è il finale con la berta. Non mi è piaciuto che alla fine fosse reale. l'ho trovato un pochino stucchevole. Non so spiegare bene è come se avesse rovinato quell'alone misterioso che aleggiava sulla storia.
In ogni caso il risultato è più che positivo, grazie e complimenti.
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Messaggio Da Akimizu Lun Ago 09, 2021 12:00 pm

Un tema fortissimo raccontato però in modo molto morbido. Manca, a parer mio, la rabbia finale del protagonista, che sembra più attratto dall'infermeria che preoccupato per la sua sorte. Ecco, è proprio il protagonista un altro dei punti deboli, perché rimane decisamente distante, arriva più empatia per la berta che per lui, per dire. Per fortuna i punti di forza sono altrettanto pesanti. Prima di tutto il tema trattato e come viene trattato, in un modo che certo, come dice Asbo, risulta forse un po' prevedibile come dispiegamento della trama, ma di sicuro è originale nel plot. E poi nel messaggio finale, di speranza, quasi di redenzione, con il sacrificio fisico di questo ragazzi, che sono riusciti a porre rimedio a ciò che era successo. Ultimo, ma non ultimo, l'ottima scrittura, magari non molto coinvolgente, ma di sicuro corretta e centrata.
Complimenti e a rileggerci!
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Messaggio Da Ospite Lun Ago 09, 2021 1:17 pm

Non è poco, non è poco l'ottima scrittura, come dice il bravissimo Aki.
Troppo concentrati su aspetti correggibili dimentichiamo che l'ambizione di tutti è proprio quella: scrivere bene, incuriosire, appassionare.
E tu, autore, lo fai in modo magistrale.
Ti nascondi, non ostenti, sembri uno qualunque che ha la sua storia da raccontare.
Storia più intima di quel che appare e sono convinto che cambiando argomento, cambiando i paletti, tu resteresti lo stesso di quell'isola, perchè tu hai te stesso da raccontare.
La scena è solo un pretesto.

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Messaggio Da vivonic Lun Ago 09, 2021 6:11 pm

È stata una lettura molto piacevole, perché mi è molto caro l’argomento e soprattutto sei riuscito a renderlo molto scorrevole da leggere, e hai anche creato un personaggio capace di catturare l’empatia del lettore ed emozionarlo. Quindi già per me c’è tutto. Condivido però in parte quanto dice Ele: “mi mancano le sue motivazioni e tutto un contorno che mi predisponga a comprendere le sue scelte.
Ancora di più mi serve se parliamo di un giovane americano che decide di arruolarsi per svolgere questo compito. Sapere perché potrebbe davvero essermi utile per entrare nelle dinamiche delle sue azioni”. Questo è molto vero e potrebbe essere uno spunto riflessivo per una prossima volta, fermo restando che io ci sono entrato davvero in empatia con questo ragazzo diciannovenne.
È un argomento che tra l’altro ho studiato a fondo per la mia prima tesi di laurea, anche se poi ho virato su un altro punto focale; diciamo che, quindi, hai scritto un racconto che rientra perfettamente nelle mie corde, centrando a pieno il mio gusto personale.
Il finale mi ha fatto sorridere: ogni tanto, per quanto io ami le catastrofi, è bello anche un attimo di speranza e di ottimismo…
Serviva – e qui ti bastono metaforicamente – una lettura in più, per eliminare un po’ di refusi che mi sembrano eccessivi per una scrittura come la tua.
A conclusione, comunque, non mi rimane che farti i miei più sentiti complimenti. Grazie!

______________________________________________________
Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
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Messaggio Da Achillu Mar Ago 10, 2021 8:06 am

Ciao Aut-

Personaggi: un animale parlante
Luogo: un'isola del Pacifico
Tempo: 1980
Sgabuzzino: presente

Il racconto mi sembra costruito bene. Conosco il punto di vista militare degli ufficiali, ossia che i soldati siano carne da macello, mandati con equipaggiamento insufficiente a compiere il loro lavoro. In questo caso, che non conoscevo, mandati a prendersi delle radiazioni. Il personaggio di Mike resta molto nell'ombra, il protagonista si prende tutta la scena insieme alla berta.
La costruzione soprattutto del finale è molto buona. Io lettore mi aspettavo chissà cosa e invece Timothy viene allontanato dall'isola rendendogli impossibile completare il compito che, seguendo la linearità degli eventi, dovrebbe essere la logica conclusione. Cosa succederà ai due protagonisti? Secondo me è l'idea migliore di tutto il racconto ed è stata ben preparata.

Grazie e alla prossima.

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Messaggio Da gemma vitali Mar Ago 10, 2021 9:52 am

Un racconto ben costruito dal punto di vista strutturale. i daloghi ben fornmulati trasportano il lettore attraverso immagini dell'isola che viene rappresentata e del ruolo dei soldati, che devono bonificarla.
il ragazzo coi suoi meravigliosi vent'anni, non può essere che un ragazzo segue le indicazioni dei superiori con entusiasmo del ruolo che ricopre e solo l'incontro con il personaggio quasi magico gli fa capire la realtà.
Triste la storia di questi soldati mandaqti allo sbaraglio ad affrontare pericoli cdi cui non sono consapevoli. 
La trama può sembrare quella di un film che termina con la speranza, la nascita di una nuova vita da quell'uovo dice che c'è ancora la possibilità di salvare qualcosa.
Complimenti.
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Messaggio Da Molli Redigano Mer Ago 11, 2021 11:49 pm

"Lavoriamo dalle dieci alle dodici ore al giorno nel sole del Sud Pacifico"


Io qui avrei scritto:


"Lavoriamo dalle dieci alle dodici ore al giorno sotto il sole del Sud Pacifico"



Come qualcuno ti ha già segnalato, mancano qualche . alla fine dei discorsi diretti. Tuttavia, la scrittura è corretta e la lettura è risultata scorrevole e armoniosa, senza intoppi. Ho trovato ben calibrata l'alternanza tra parti narrate e dialoghi.


Un testo che mi ha permesso di conoscere qualcosa che non sapevo circa la bonifica post esperimenti nucleari. Un tema senz'altro forte che suscita emozioni e spunti di riflessione. Il tutto amplificato dalle linee guida del contest che qui hanno focalizzato la vicenda principale nel rapporto tra un soldato americano e una berta. Ciò che ha accomunato i due personaggi, a mio modesto avviso, è stata la determinazione nel raggiungere il proprio scopo. Per il militare, la missione è cambiata in corso d'opera, unificandosi a quella dell'uccello parlante. Il pregio del testo, per me, sta proprio nella capacità dell'Autore di non aver fatto "pesare" sulla trama questo cambio di obiettivo nella missione del protagonista. 


Lieto fine forse un po' telefonato ma perfettamente in linea con il racconto che ho apprezzato dal principio alla fine.
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