«Sire».
«Eh?»
«Ci siamo quasi, sire».
«Ci siamo chi? Dove? Cosa?»
«Sire… (sospiro sconsolato) quest'anno ne compie diciotto».
«Eh sì, com'è cresciuta la mia principessa. Ah, se sua madre fosse qui in questo momento, sarebbe così fiera di lei. È bella, forte, gentile, amata da tutti, una vera perla».
«Sire…»
«Guglielmo, cosa c'è, perdinci? Sei preoccupato per la festa? Stai tranquillo, comincio subito a organizzare».
«Sire… diciotto anni, la profezia, il drago, la storia della verginità.».
Silenzio.
«Ah santi muni. Lumi. Numi. Oh cielo, insomma. Quindi mia figlia, la principessa, ecco, diciotto anni, la profezia, non posso neanche pensarci. Cosa facciamo Guglielmo, cosa?»
Guglielmo, 156 centimetri e mezzo di muscoli e adrenalina, si muove saltellando ansioso nella sala del trono. Non sa bene come affrontare questa cosa. Non ha figlie, lui. Non si è mai preoccupato della questione. Ma la giovane Marianna, be', l’ha vista crescere. E ora la preoccupazione schiaccia anche lui. Quello che vede sulla faccia del re è di certo la stessa sfilza di emozioni che passa sulla sua.
Il solo pensiero della verginità di Marianna e delle modalità della sua perdita gli fa seccare la bocca.
Non osa neanche immaginare i pensieri del Re in merito. Gli bastano i suoi, per stare zitto.
«Come vorrei che fosse qui sua madre».
«Non potrebbe fare molto, Sire».
I due uomini si guardano, per qualche istante, uniti dallo sconforto.
Poi Guglielmo si riprende.
«Due mesi, Sire. Abbiamo due mesi».
«Due mesi. Oh cielo. Bando alle pance, lance. Ciance. Insomma, diamoci da fare. Da domani, apriamo il via alla festa. Molti ragazzi, moltissimi ragazzi, uomini, insomma, lo sai, accidenti. Bisogna risolvere le cose in fretta. Questa storia del drago come genero non mi va giù. Proprio no».
La porta si spalanca, e la stanza viene invasa da una furia di capelli rossi e risate.
«Papà, papà».
«Stai calma, ragazza. Che succede?»
Ha i capelli gonfi e spettinati, la veste macchiata d'erba e i piedi nudi.
“Nessun ragazzo la guarderà mai, sembra una vagabonda. Una bellissima vagabonda, certo, ma pur sempre una vagabonda.” questo pensano il Re e Guglielmo, scambiandosi un’occhiata.
«Marianna, ricomponiti. Sei una principessa, o mi sbaglio? Guarda come sei ridotta».
Il tono di Re Arturo è duro.
«Ma papà…».
La ragazza, ferita per un rimprovero che mai le è stato rivolto (anche quando si era presentata in stati ben peggiori di quello attuale), balbetta con le lacrime agli occhi.
«Niente ma. Vai a sistemarti, per cortesia. Dopo, parleremo. Per favore, vai».
«Ma…». Le lacrime le scivolano sulle guance, si gira e corre via.
«Sire, era necessario?».
«Non lo so, Guglielmo, non lo so. Io non sono bravo a gestire queste cose. Ma l'hai vista? È bellissima, ma sembra una VAGABONDA. Chi, chi la vorrà, eh? Ci toccherà un drago, come genero. Convoca il consiglio, Guglielmo, subito. E chiama anche Madame Magèlè, anzi soprattutto Madame Magèlè. Corri».
Poi si accascia affranto sul trono, fissando il vuoto.
Staffetta 10 - Episodio 2 [M. Mark o’Knee]
Diciotto anni prima.
«Messer Dragon, per nove, piove, Giove! Non avevo mai assistito a tanto ardire. Come vi permettete di presentarvi al mio cospetto e proferire simili richieste?»
Per niente intimorito dallo scatto d’ira del sovrano, l’uomo represse a stento una risata e rispose in tono pacato.
«A quanto pare, mio Sire, nessuno vi ha messo a conoscenza di certi fatti…»
«Quali fatti? Di cosa state parlando?»
Prima che Dragon potesse parlare, dal fondo della sala del trono si levò la voce spezzata della Regina Clotilde.
«Arturo, mio Re, marito mio, perdonami. Ero io che dovevo informarti. Ma non ne ho avuto il coraggio.»
A quelle parole, il volto di Dragon si illuminò di un sorriso beffardo.
Clotilde, sotto lo sguardo incredulo di Arturo, era caduta in ginocchio, a fianco della culla dove la piccola Marianna, nata quasi un mese prima, ancora dormiva, tranquilla e ignara. Lacrime incontenibili solcavano le guance della Regina, che continuava a supplicare il perdono.
Madame Magèlè, la giovane balia nonché fata di corte, la cingeva in un generoso quanto inutile abbraccio consolatorio, consapevole della propria fragilità nei confronti della potente aura magica che circondava quell’uomo.
Poi, gli occhi del Re tornarono a posarsi su Dragon: due fessure che parevano lanciare dardi infuocati verso quel volto impassibile, quella postura disinvolta, mentre nel petto di Arturo si stava scatenando una tempesta. Il cuore in tumulto, tese il braccio con l’indice puntato verso il suo sgradito ospite e gli urlò in faccia:
«Voi! Toglietevi immediatamente dalla mia pista, lista. Vista! Da questo momento siete bandito dalle nostre terre e i miei soldati avranno ordine di abbattervi come un cane randagio se oserete appena avvicinarvi ai confini del regno.»
Questa volta, l’uomo non riuscì a trattenersi e scoppiò in una breve ma sonora risata all’ennesimo pasticcio linguistico del sovrano.
«Ogni vostro desiderio è un ordine, Sire», rispose, esibendosi in un inchino esagerato. «Tolgo il disturbo, per ora. Ma vi pregherei di non fare minacce che, lo sapete bene, non potrete mai attuare. Addio, Sire. Anzi: arrivederci. Diciotto anni passeranno in un lampo.»
«FUORI!!!», gridò, pieno di rabbia, mentre Dragon si allontanava flemmatico.
«E tu, Clotilde! Che diavolo significa questa storia?»
L’affranta Regina si accoccolò ai piedi del trono e iniziò a raccontare.
Ai tempi di Re Venceslao II, bisnonno della madre di Clotilde, l’annosa guerra che opponeva il suo regno a quello dei draghi era in fase di stallo da lunghe stagioni. Ognuno dei contendenti sembrava incapace di trovare la mossa risolutiva che avrebbe piegato le sorti della guerra da una parte o dall’altra.
Ma dolore e morte ugualmente segnavano entrambe le parti in lotta.
Finché un giorno il vecchio Mago Ogam profetizzò come tutto, di lì a poco, sarebbe finito.
“Non ci saranno né vincitori né vinti. Né uomini né draghi prevarranno.
Ma gli abitanti del regno, per intercessione della nostra amata Principessa, perderanno parte della loro umanità e i draghi, sempre grazie a lei, riceveranno tale parte in dono perpetuo.
Syron, Re dei draghi, avrà la verginità di Merlisia, figlia di Venceslao, appena la Principessa compirà diciotto anni: in tal modo lui e i suoi simili acquisiranno sembianze e modi umani, l’odio atavico si spegnerà e finalmente cesseranno guerre e lutti.
E così dovrà essere, per i discendenti di Syron e le discendenti di Merlisia, negli anni e nei secoli a venire.”
«La profezia di Ogam si rivelò esatta», proseguì la donna, ormai a corto di fiato. «E ora è la volta di Dragon, attuale ultimo discendente di Syron, e di Marianna, sì, nostra figlia, Arturo, attuale discendente di Merlisia: toccherà a loro perpetuare la cerimonia.»
Clotilde aveva terminato il suo racconto fra i singhiozzi, tanto che Arturo quasi non era riuscito a cogliere le sue ultime parole. Ma anche se le orecchie non avevano udito distintamente, il cuore aveva capito tutto benissimo.
Il destino della sua piccola Principessa era in mano a quell’uomo… Uomo? Macché uomo. In mano a quell’essere immondo e spregevole.
E purtroppo, come aveva preannunciato Dragon, diciotto anni sono passati in un lampo.
Staffetta 10 - Episodio 3 [Achillu]
Intanto Marianna, nella sua stanza, fissa con gli occhi gonfi il proprio riflesso nello specchio. “Cosa c’è che non va in me?”
Accarezza le ciocche ribelli che le incorniciano il volto, piene di terra e d’erba. Si possono ripulire con una bella spazzolata e uno shampoo vigoroso. “C’era proprio bisogno di arrabbiarsi?”
Asciuga le lacrime con la manica e nota le macchie sugli abiti. “Sapone di Marsiglia per pretrattare e poi via... In fondo sono solo vesti per stare all’aperto, no?”
Tutto come sempre. È quasi la norma per lei tornare al castello in quello stato. Eppure, questa volta suo padre è stato così inspiegabilmente severo. “Perché?”
Dopo un profondo sospiro, Marianna allarga le gambe, piega il busto in avanti e scuote i capelli per liberarsi dal grosso della sporcizia. Sul pavimento si è già formato un piccolo mucchietto di terra ed erba quando sente bussare alla porta. Riconosce il tocco di Madame Magèlè e concede un «Avanti!» di cortesia.
La fata di corte entra volando leggera, quasi sfiorando il pavimento. La trova ancora con la schiena curva e le mani tra i capelli pieni di nodi. Il petto le si riempie di tristezza alla vista della giovane che ama come una figlia. Si avvicina per abbracciarla. «Mia cara, quanto mi dispiace!»
Marianna si raddrizza di scatto, rischiando di colpirla con una testata. «Scusami, pensavo a papà. Piuttosto, ti ha detto perché oggi è isterico?»
Madame Magèlè cerca di mantenere la calma mentre il suo cuore batte ancora forte per lo spavento. «Ecco, vedi, tuo padre è preoccupato per te.»
La ragazza scuote la testa. «Così. Di botto e senza senso!» Si sbottona la giacchetta con gesti nervosi, seminando altra sporcizia a terra.
La fata cerca di mantenere un tono diplomatico. «In realtà un senso ce l’ha. Vedi, tra poco sarà il tuo diciottesimo compleanno e dovrai prenderti le tue responsabilità di principessa.»
Marianna scrolla le spalle con aria annoiata. «Sì, lo so: tagliare nastri, sedersi in tribuna, aprire e chiudere eventi…»
«Ecco, non è solo…»
«E firmare le giustificazioni. Uh, uh!» La ragazza fa le boccacce e alza un braccio in un gesto di vittoria. «Giuro, tra due mesi e un giorno bigio, mi nascondo in taverna e butto giù un boccale di birra, alla faccia!» Poi si rivolge alla dama di corte, portando un dito davanti alla bocca. «Fati’, muta con papà.»
Madame Magèlè alza gli occhi al soffitto, sconsolata. «Vedi, in realtà…»
«Sì. Me la paga, questa volta!» Sbottona con rabbia anche i pantaloni, liberando ancora terra ed erba dai risvolti.
La fata prende un respiro profondo e trova la forza di controbattere con voce ferma. «Devi trovare un fidanzato!»
Marianna si blocca, fissandola con lo sguardo torvo. «Stai scherzando?»
La dama di compagnia si sofferma a guardare le gambe piene di botte e croste, i piedi segnati da calli e vesciche, le dita delle mani con il nero sotto le unghie. “Non sarà facile,” pensa tra sé e sé. «Nelle prossime settimane dobbiamo organizzare una festa e invitare tanti giovani nobili da dentro e fuori il regno, poi tra di loro troveremo quello più meritevole per concedergli la tua mano e…»
La ragazza punta i pugni sui fianchi e aggrotta le sopracciglia. «Ehi, un momento. Io non sono una medaglia o… la coppa alla nocciola! Non esiste che mi mettete in premio a nessuno. Qua non si fa un piffero di festa, punto!»
Madame Magèlè sente un brivido percorrerle la schiena. «Ma… ma bisogna. Se non ti fidanzi succederà… una cosa brutta, non so come dirtelo.»
La ragazza si ferma e incrocia le braccia, sorpresa dalla serietà nella voce della dama. «Prova con parole tue?»
La fata esita un istante, cercando il modo giusto per rivelare la verità. Infine sussurra: «Ecco… se non ti fidanzi entro due mesi, un vecchio bavoso e viscido si prenderà la tua verginità.»
Marianna stringe le labbra e sorride, cercando di trattenersi. «Pf… puoi ripetere, scusa?»
Madame Magèlè, perplessa, fa eco con voce tremante. «Un vecchio bavoso e viscido si prenderà la tua verginità?»
La ragazza scoppia in una risata sguaiata, piegandosi in avanti e battendosi le ginocchia.
La fata la osserva con sgomento, trattenendo a fatica le lacrime. «Possibile che non capisci la gravità della cosa?»
Marianna, pur continuando a ridere, riesce a riprendere fiato per un istante. «Ma Fati’, dove vivi? Io la verginità l’ho già persa a sedici anni.»
Madame Magèlè sente l’aria mancarle sotto le ali e si deve proprio sedere, portando una mano al petto. «Santi Numi! Com’è possibile? E la profezia del Mago Ogam? Messer Dragon! Re Arturo! Oh no… Aiutatemi!»
Staffetta 10 – Episodio 4 [Albemasia]
Madame Magèlè percorre i freddi corridoi del castello con volo sincopato simile a quello di un pipistrello, tormentandosi il soggolo che pare soffocarla. Non sa come riferire al Re la condizione disdicevole della sua unica figlia. Per non parlare della nefanda profezia del mago Ogam, vanificata e beffeggiata dal comportamento impudico di quella testa calda di Marianna.
Un vero rompicapo.
È talmente presa da questi pensieri che, nello svoltare l’ennesimo angolo, finisce con l’andare a sbattere contro Guglielmo, che non riesce a schivarla e finisce a gambe all’aria.
«Messer Guglielmo, sono desolata», si schermisce lei; lui, che ha sempre avuto un debole per la prosperosa balia nonché fata di corte, in un balzo si rizza in piedi e, rosso in volto, le domanda:
«Vi vedo sconvolta Madame Magèlè; che vi succede?»
«Una sciagura terribile…», si sfoga lei e, tra un sospiro e un singhiozzo, mette al corrente Guglielmo di quanto ha appena appreso dalla principessa.
Nell’ascoltare le sue parole, sul volto di Guglielmo si sussegue un’epifania di espressioni che vanno dalla sorpresa, al disappunto, alla perplessità, finché all’improvviso pare illuminarsi, mentre sussurra tra sé e sé: «Forse non è ancora tutto perduto, cara la mia Madame».
La dama lo guarda perplessa e lui aggiunge: «Venite con me».
Con passo svelto, il Consigliere del Re conduce Madame Magèlè per un dedalo di corridoi dove si affacciano i ritratti dei numerosi avi del Re e vuote armature. La povera donna comincia a pensare che l’uomo si stia divertendo a menarla per tutto il maniero, quando finalmente giungono a una porticina seminascosta, in cima a una scala stretta e ripida.
La dama è meravigliata: in tanti anni ha sempre ignorato l’esistenza di una stanza in cima alla torre sud.
Tanto è piccola e angusta la porta che si apre sui cardini cigolanti, tanto è alto e stretto il vano ricavato in quella parte della torre.
Le pareti della stanza sono nascoste fino al soffitto da libri, libelli, tomi di qualsiasi foggia e misura, mentre da due finestre a bifora entra una luce che illumina un tavolaccio al centro della stanza, dove sono affastellati grossi volumi, alcuni chiusi, alcuni aperti e rotoli di pergamene a profusione.
«Non capisco», obietta Madame Magèlè «Per quale motivo mi avete portata fin quassù?»
Ma, prima che Guglielmo possa rispondere, da dietro la muraglia di carte ingiallite si ode un tramestio e spunta un ometto dalle folte basette che strizza gli occhietti, osservando infastidito i due intrusi.
«Chi osa distrarmi dai miei studi eruditi? Per sacco, fiacco…, per Bacco!» esclama questi.
«Madame, vi presento Messer Tim Broglio, dotto giurista e fratello di Re Arturo», dice Guglielmo. Poi rivolto al dotto: «Vogliate perdonare il mio ardire che ha interrotto il vostro compito gravoso, ma si dà il caso che il nostro amatissimo Re – ma che dico – l’intero Regno versi in una condizione, come dire, perniciosa, e credo proprio che voi possiate aiutarci».
Il dotto giurista inarca le sopracciglia e scende dal suo scranno, rivelando una somiglianza impressionare col regal fratello.
«Dunque, dunque…» si ringalluzzisce «Il Regno è in pericolo e avete bisogno di… ME!», esclama soddisfatto.
«Ehm… sì», ammette Guglielmo, che un po’ si è già pentito della sua idea di poco prima.
«Orbene, in cosa consiste la vexata quaestio?»
E qui il consigliere del Re si lancia in un riassunto succinto di tutta la vicenda: l’antica profezia di Mago Ogam…, l’imminente genetliaco della principessa…, la candida confessione del “misfatto” a Madame Magèlè.
Al termine del racconto, durante cui Tim Broglio non ha smesso di ciondolare la testa in cenni ripetuti di assenso, l’ometto comincia a scartabellare tra le pergamene e i volumi incartapecoriti del suo scrittoio, ripetendo tra sé: «Eppure era qui…, dove l’ho messo…?» mentre Madame Magèlè e Guglielmo si lanciano occhiate perplesse.
Poi l’uomo agguanta una traballante scala a pioli e con le sue gambette storte sale a cercare tra gli innumerevoli volumi di cui sono ricoperte le pareti, finché esclama: «Trovato!»
Scende con il tomo sottobraccio, vi soffia via una nuvola di polvere, lo apre sul tavolo e punta il dito su una pagina.
«Ecco qua, signori miei: “Actus, omissa forma legis, corruit"… no.
"Actio semel extincta non reviviscit"…, neanche.
Ma dove si è cacciato? Ah ecco! Sentite qua: “Ad impossibilia nemo tenetur”!»
Chiude di botto il tomo con un tonfo, guardando con aria soddisfatta i suoi interlocutori che lo fissano a loro volta con sguardo di mucca al pascolo.
«Signori miei, è semplice: l’accordo prevedeva che l’illibatezza della principessa fosse parte integrante del patto. Venendo ora a mancare la condicio sine qua non ed essendo impossibile ripristinare la situazione preesistente…»
Ma Tim Broglio non fa in tempo a terminare, che Guglielmo e Madame Magèlè già si precipitano giù per le scale, alla ricerca del Re.
«…fatta salva la pretesa risarcitoria della controparte!» urla loro dietro Tim Broglio, ma i due sono già lontani.
Ultima modifica di Albemasia il Gio Set 26, 2024 12:00 am - modificato 1 volta.