Una storia come tante altre
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Different Tales :: Off Topic :: Archivio :: Different Rooms - Tutti i racconti :: Step 8 - Il Salotto
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Una storia come tante altre
Lui non è tanto alto, ha un inizio di pancetta e di stempiatura tipica della mezza età, ha gli occhi azzurri e profondi.
Lei è bionda, alta, atletica ed ha appena compiuto vent’anni; i suoi occhi marroni hanno la dolcezza dei cerbiatti.
Lui è già vedovo.
Lei è ancora vergine.
Sono in piedi.
Lei sta davanti alla croce che, quattro anni prima, sua mamma ha portato sulla collina in perenne memoria del marito; gli occhi lucidi come ogni giovedì quando sale a piedi fino in cima, muove le labbra in silenzio, forse prega, forse, semplicemente, parla con quel papà di cui è stata la bambina principessa e l’adolescente regina prima che lui la lasciasse troppo presto.
Lui sta qualche passo indietro, sono due mesi che ogni giovedì sale sulla collina, inseguendo un’ossessione.
Tre mesi dall’incontro tra il Siaulai e il Vilnius, ultima partita del campionato di basket prima della sosta di Natale; lei era il pivot della squadra di casa, lui era uno degli Ufficiali di Campo, l’addetto al cronometro.
Era la prima volta che arbitrava il Siaulai, era la prima volta che la vedeva, ma aveva deciso, fin dal momento in cui la sirena aveva decretato la fine delle ostilità, che doveva averla.
Era tornato a casa preda di un’eccitazione che non era in grado di controllare, aveva cenato pensando solo a lei e, al culmine di un desiderio folle, era uscito per prendersi una prostituta.
Nei giorni seguenti, approfittando della pausa del campionato aveva raccolto informazioni consultando almanacchi, annuari, statistiche, il tutto con molta discrezione nonostante il tumulto interno che non gli dava tregua.
C’erano voluti dieci giorni, ma la mattina del primo dell’anno finalmente era riuscito a scoprire dove abitava.
Aveva chiesto e ottenuto una pausa di un mese alla ripresa del campionato e poi aveva chiesto e ottenuto di non arbitrare il Siaulai fino alla fine del torneo: non voleva che lei lo riconoscesse.
Per due mesi l’aveva seguita quasi quotidianamente, non aveva molto altro da fare, non era molto impegnativo.
La vita di lei sembrava circoscritta a casa, università e allenamenti.
Tranne il giovedì.
Ogni giovedì, infatti, subito dopo pranzo, usciva e si incamminava su per la collina fino a quella croce, fino a quel papà che le aveva lasciato una voragine nello stomaco e troppe lacrime nel cuore.
Ora, il primo giovedì di marzo, una fredda e limpidissima giornata di sole di fine inverno, lui si trova solo qualche passo dietro a lei; si è avvicinato in silenzio ma tanto lei non lo avrebbe sentito nemmeno se le fosse corso incontro.
Sono momenti in cui lei sente solo la voce del suo papà, come se le fosse ancora accanto.
Ha scelto questo pomeriggio perché non c’è nessuno oltre a loro due sulla collina, per la prima volta in due mesi.
«Mi perdoni signorina, non ho potuto fare a meno di notarla…»: il dado è tratto.
A lei quest’ometto di mezza età, chissà perché, fa tenerezza, forse in qualche modo le ricorda suo padre, forse l’ha colta in un momento in cui ha solo bisogno di qualcuno con cui parlare, cui raccontare.
Lui si mostra dolce, comprensivo, le offre un caffè una volta scesi dalla collina, poi la saluta e ognuno torna alla propria vita.
Il giovedì successivo lui non sale sulla collina, non ne ha più bisogno.
Lascia passare quindici giorni e poi le è di nuovo accanto, davanti alla croce.
Questa volta trascorrono quasi due ore assieme, lui le racconta della sua vita solitaria da quando un ictus si è preso la moglie lasciandolo in un “mare di dolore”: è l’espressione che usa.
Poi, quasi per caso, le dice che lui fa l’arbitro di basket e a lei si illuminano in modo impercettibile gli occhi; all’improvviso è un fiume in piena, gli racconta che il basket le ha salvato la vita, che quando gioca dimentica tutto e che senza le sue compagne si sentirebbe persa.
Lui ha stabilito il punto di contatto.
Dopo due altri giovedì lei lo invita a cena a casa sua; in un recondito angolo della sua mente un pensiero folle: se a sua mamma piacesse? Se si piacessero? Se…
Lui si presenta elegantissimo, un mazzo di fiori per la madre di lei e una bottiglia di vino italiano per la cena.
È una serata gradevole, che scorre senza intoppi, sembra si conoscano da tempo.
Lui è carino quanto basta con la mamma di lei; lei è sorridente, prova un leggero senso di felicità come non le accade da anni.
Quando sta per uscire lui si produce in un elegante baciamano con la madre e per la prima volta azzarda un casto bacio sulla guancia di lei che lo ricambia.
Si precipita giù per le scale, nei pantaloni un’erezione che gli provoca dolore; in un lampo è a casa, si stende sul divano dove chiude gli occhi e, immaginandola nuda, si masturba.
È una magnifica giornata di fine maggio che straripa di primavera quando lei, finalmente, entra per la prima volta in casa di lui.
La fa sedere sul divano, le offre da bere, niente di alcoolico, è una sportiva.
Si siede sulla poltrona di fronte a lei, chiacchierano come due vecchi amici ma il cuore di lui ha i battiti accelerati; lei se ne va dopo un paio di ore, lui siede dove fino a cinque minuti prima c’era lei, si inebria del suo profumo, sente l’eccitazione salire fino a livelli parossistici, non vuole masturbarsi.
Esce e va a prendersi una prostituta.
Lei torna a casa di lui più volte, il divano del salotto diventa un rifugio sicuro, crede di aver trovato un buon compromesso tra il desiderio di un nuovo papà e l’esigenza di non tradire il ricordo di quello vero.
Lui aspetta il momento di averla finalmente tra le braccia, aspetta per due lunghi mesi che capiti l’occasione giusta, in tutto questo periodo non siede mai sul divano assieme a lei, durante questo periodo almeno una volta ogni due settimane è ospite a casa di lei a cena.
È l’8 agosto quando lui e lei si ritrovano al Black Bar insieme ad altre centinaia di persone a tifare per la Nazionale che sta facendo la storia, in palio la medaglia di bronzo olimpica.
Lui non riesce a seguire la partita, lei è arrivata in compagnia di Fridrikas, lo presenta come un caro amico.
Ma Fridrikas le sta appiccicato, ad ogni canestro esultano assieme, a lui sembra che le tenga la mano, ma c’è poca luce, potrebbe sbagliarsi.
Aveva sognato di invitarla da lui al termine dell’incontro, avrebbero festeggiato insieme, solo loro due.
La partita non è ancora finita ma lui già sa che il suo progetto non andrà in porto.
Arriva la vittoria agognata, arriva la prima medaglia olimpica nella storia del basket nazionale, lei sembra trasformata, non l’ha mai vista così allegra, felice, solare: non è la “sua” lei.
Decidono di andare a festeggiare con gli altri, lei e Fridrikas, invitano anche lui a unirsi al gruppo; lui inventa una scusa, li saluta e si avvia verso casa.
Sale, chiude la porta alle sue spalle, stasera non gli va nemmeno una prostituta; si versa da bere, sorseggia appena il liquore, poi, lanciando un grido disumano, scaglia violentemente il bicchiere contro il muro del salotto, proprio sopra il divano.
Passa la domenica e il lunedì mattina, nel primo pomeriggio è lei che va da lui.
Si siede sul divano e con la freschezza dei suoi vent’anni gli riferisce in ogni particolare i festeggiamenti di sabato sera e poi gli dice che la domenica è salita sulla collina a raccontare al papà della medaglia di bronzo.
Lui capisce solo che in questo momento è bellissima, il desiderio è all’apice, per la prima volta da quando lei è entrata in casa sua si siede accanto a lei sul divano.
Le prende la mano, lei sembra sorpresa ma non la ritrae.
«Tra due giorni parto» gli sta dicendo «faccio una settimana di vacanza con gli amici prima di riprendere gli allenamenti per la nuova stagione».
Lui non la sta più ascoltando, sente che gli sta scivolando via.
«Mi farebbe piacere se ogni tanto passassi a trovare mia mamma, è così sola».
Lui la immagina con Fridirkas, la immagina tra le sue braccia.
No, non era così che doveva andare.
Ora le stringe il braccio, le si avvicina e tenta di baciarla sulla bocca.
Lei è sorpresa, si ritrae istintivamente, tenta di liberare il suo braccio.
«Cosa stai facendo» riesce a dire con un filo di voce.
«Ti voglio, da sempre» risponde lui, è stravolto, mentre le mette una mano sul seno.
«No!» urla lei mentre di scatto si alza dal divano.
«Io ti amo» le dice lui con una voce profonda che le mette paura.
«Non sai cosa stai dicendo. Ora devo andare» prova a ribattere lei mentre capisce che non può rimanere lì un momento di più.
Tenta di avviarsi verso la porta ma lui la prende per il braccio e, mentre le supplica di rimanere, la tira con forza di nuovo sul divano.
«Lasciami!» grida lei ormai preda del terrore.
Si divincola e prova ad alzarsi ma lui le è addosso, nonostante i venti centimetri di meno ha una forza incredibile, tenta di strapparle la maglietta, lei si volta e gli molla un violento ceffone.
In quel momento lui prende il coltello che aveva infilato tra i cuscini del divano e con una furia ormai fuori controllo infierisce sul suo corpo.
Domani e per qualche giorno i media nazionali racconteranno questa storia così simile a troppe altre in ogni angolo del pianeta.
Poi tutto tornerà, come sempre, nell’oblio.
Different Staff- Admin
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Re: Una storia come tante altre
Eh… però. Il titolo calza a pennello, purtroppo. Mi è sembrato di leggere un articolo di cronaca, anzi se il racconto avesse avuto quel taglio specifico poteva risultare migliore.
Così, narrata da un onnisciente che mi dice per filo e per segno quali sono le emozioni che provano i protagonisti, la storia mi ha coinvolta poco. Eppure ha un bel potenziale. Che la cosa andasse a finire male era chiaro fin dall’inizio. Certo che rimane il disgusto per il gesto atroce. Ma cosa resta? Lo dice già l’autore nel testo. Sarà una storia come tante.
Per la qualità della scrittura sono certa che si tratta di una scelta precisa il raccontare in modo così asettico gli eventi. Ma, per me, è una scelta che non paga a sufficienza. Ma è solo una mia opinione di lettore. Magari non tutti la penseranno così ed è il bello di avere tanti lettori diversi tra loro.
Così, narrata da un onnisciente che mi dice per filo e per segno quali sono le emozioni che provano i protagonisti, la storia mi ha coinvolta poco. Eppure ha un bel potenziale. Che la cosa andasse a finire male era chiaro fin dall’inizio. Certo che rimane il disgusto per il gesto atroce. Ma cosa resta? Lo dice già l’autore nel testo. Sarà una storia come tante.
Per la qualità della scrittura sono certa che si tratta di una scelta precisa il raccontare in modo così asettico gli eventi. Ma, per me, è una scelta che non paga a sufficienza. Ma è solo una mia opinione di lettore. Magari non tutti la penseranno così ed è il bello di avere tanti lettori diversi tra loro.
Petunia- Moderatore
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Re: Una storia come tante altre
Cronaca nera.
Ma non è vero che tutto tornerà nell'oblio. Nessuno si abitua all'orrore di certi uomini. Nessuno dimentica.
Forse volevi intendere che siamo impotenti. E certe scene si ripeteranno.
Racconto che colpisce, anche se poco originale.
Ma non è vero che tutto tornerà nell'oblio. Nessuno si abitua all'orrore di certi uomini. Nessuno dimentica.
Forse volevi intendere che siamo impotenti. E certe scene si ripeteranno.
Racconto che colpisce, anche se poco originale.
Ultima modifica di tommybe il Ven Lug 29, 2022 1:25 pm - modificato 1 volta.
tommybe- Maestro Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Non posso far altro che ripetere quello di chi ha commentato in precedenza: un freddo fatto di cronaca con una parte anche volgare che un vero cronista non avrebbe mai scritto. Non è scioccante ma si poteva scrivere con meno crudezza. Non ho incontrato errori di rilievo e penso perciò che la tua sia una buona penna solo che stavolta... vabbè non rigiro il coltello nella piaga già l'ha fatto abbastanza il tuo personaggio rendendosi pure incredibile: lei è un atleta ventenne e lui un quarantenne con la pancetta! Com'è che lei non si è difesa con un paio di "servizi con schiacciata" che rendono le mani coriacee come un badile.
Antonio Borghesi- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Un racconto crudo, il tuo, autore.
Una storia che poteva prendere diversi risvolti: situazioni imbarazzanti, lieto fine amorosi o una semplice delusione di un uomo di mezza età che si era invaghito di una ragazza molto più giovane di lui.
Invece a volte l’istinto ci dice di calcare la mano, di far virare la nostra storia verso lidi più oscuri. E qualche volta questo paga: ne viene fuori un racconto forte, dove la violenza, il sesso che annebbia la mente e l’eccitazione incontrollabile gestiscono la rabbia del protagonista.
Forse troppo sbrigativo il finale, mi sarebbe piaciuto curiosare nella mente dell’uomo dopo l’omicidio.
Ma qui è andata così e io sono soddisfatto della lettura appena terminata.
Una storia che poteva prendere diversi risvolti: situazioni imbarazzanti, lieto fine amorosi o una semplice delusione di un uomo di mezza età che si era invaghito di una ragazza molto più giovane di lui.
Invece a volte l’istinto ci dice di calcare la mano, di far virare la nostra storia verso lidi più oscuri. E qualche volta questo paga: ne viene fuori un racconto forte, dove la violenza, il sesso che annebbia la mente e l’eccitazione incontrollabile gestiscono la rabbia del protagonista.
Forse troppo sbrigativo il finale, mi sarebbe piaciuto curiosare nella mente dell’uomo dopo l’omicidio.
Ma qui è andata così e io sono soddisfatto della lettura appena terminata.
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IN GRAN SILENZIO OGNI PARTIGIANO GUARDAVA QUEL BASTONE SU IN COLLINA.
REACH OUT AND TOUCH FAITH! Sembrano di sognante demoni gli occhi, e i rai
del lume ognor disegnano l’ombra sul pavimento,
né l’alma da quell’ombra lunga sul pavimento
sarà libera mai!
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non sarà fumare o bere,
ma è qualcosa che ti porti dentro,
cioè vivere.
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Re: Una storia come tante altre
Davvero e purtroppo una storia come tante: per tutti, cronaca di qualche giorno – con i soli ritornelli che non deve più succedere - , dolore per sempre per chi subisce una perdita così drammatica inconcepibile.
Un racconto scritto bene, con un ritmo che tiene fino al finale, che però si lascia intuire fin dall’inizio, con l’età dei protagonisti che sì potrebbe lasciar presagire una storia d’amore – e il lettore se lo augura nonostante il titolo premonitore - ma che con l’ossessione dichiarata di lui e i suoi comportamenti non può che portare al dramma.
I paletti sono stati inseriti “a passi felpati” senza forzature; i personaggi sono presentati bene sin dall’inizio, i momenti in cui si potrebbe pensare a qualcosa di diverso inseriti al momento opportuno.
Storie come queste, cronaca o racconto che siano, mi portano sempre a riflettere sull’enorme differenza fra “uomo” e “maschio”: il primo piange, si emozione, accetta non solo un no ma anche la fine o il mancano inizio di una relazione (che non significa fallimento); per il secondo i rifiuti e i passi indietro non sono contemplati: ragionamenti zero. L’evoluzione si deve essere un attimo inceppata o messo la retromarcia. Potremmo discuterne per ore, ma non è questa la sede.
Quindi: obiettivo ottavo step superato, Penna, con una scrittura solida e ben equilibrata, che ha gestito la tensione della trama fino al finale, considerando anche la lunghezza del racconto. Forse non traspare quella certa emozione per un fatto così tragico, ma probabilmente dipende anche dal fatto che ne leggiamo ogni giorno e, non dico che ci stiamo "abituando", ma forse ci stiamo difendendo un po' mentalmente.
Non ho rilevato refusi né inciampi, quindi complimenti.
Un racconto scritto bene, con un ritmo che tiene fino al finale, che però si lascia intuire fin dall’inizio, con l’età dei protagonisti che sì potrebbe lasciar presagire una storia d’amore – e il lettore se lo augura nonostante il titolo premonitore - ma che con l’ossessione dichiarata di lui e i suoi comportamenti non può che portare al dramma.
I paletti sono stati inseriti “a passi felpati” senza forzature; i personaggi sono presentati bene sin dall’inizio, i momenti in cui si potrebbe pensare a qualcosa di diverso inseriti al momento opportuno.
Storie come queste, cronaca o racconto che siano, mi portano sempre a riflettere sull’enorme differenza fra “uomo” e “maschio”: il primo piange, si emozione, accetta non solo un no ma anche la fine o il mancano inizio di una relazione (che non significa fallimento); per il secondo i rifiuti e i passi indietro non sono contemplati: ragionamenti zero. L’evoluzione si deve essere un attimo inceppata o messo la retromarcia. Potremmo discuterne per ore, ma non è questa la sede.
Quindi: obiettivo ottavo step superato, Penna, con una scrittura solida e ben equilibrata, che ha gestito la tensione della trama fino al finale, considerando anche la lunghezza del racconto. Forse non traspare quella certa emozione per un fatto così tragico, ma probabilmente dipende anche dal fatto che ne leggiamo ogni giorno e, non dico che ci stiamo "abituando", ma forse ci stiamo difendendo un po' mentalmente.
Non ho rilevato refusi né inciampi, quindi complimenti.
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"Quindi sappiatelo, e consideratemi pure presuntuoso, ma io non scrivo per voi. Scrivo per me e, al limite, per un'altra persona che può capire. Spero di conoscerla un giorno… G. Laquaniti"
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Re: Una storia come tante altre
non posso fare altro che collegarmi ai precedenti commenti.
la storia è, purtroppo, quasi quotidiana ovunque. la classica situazione di lei che rifiuta e lui perde la testa si legge sempre più spesso.
scritto bene, senza refusi, rimane però un po' troppo piatto, almeno stando ai miei gusti, in quanto risulta per davvero un articolo di cornaca nera. eccettuati alcuni particolari, naturalmente.
forse troppo raccontato per risaltare quanto dovrebbe.
comunque l'ho apprezzato.
la storia è, purtroppo, quasi quotidiana ovunque. la classica situazione di lei che rifiuta e lui perde la testa si legge sempre più spesso.
scritto bene, senza refusi, rimane però un po' troppo piatto, almeno stando ai miei gusti, in quanto risulta per davvero un articolo di cornaca nera. eccettuati alcuni particolari, naturalmente.
forse troppo raccontato per risaltare quanto dovrebbe.
comunque l'ho apprezzato.
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Re: Una storia come tante altre
Una storia come tante, o, forse, la "cronaca di una morte annunciata".
Una cronaca, appunto.
Nella quale la narrazione rimbalza fra "lui" e "lei" (pronomi ripetuti quasi ossessivamente) con un effetto ping-pong che non aiuta la lettura.
I pensieri, le emozioni, tutto ciò che riguarda i due protagonisti viene più che altro descritto, non mostrato attraverso dialoghi o atteggiamenti.
Anche le pulsioni sessuali del quarantenne hanno un che di algido, distaccato ("si masturba"; "va a prendersi una prostituta"), mentre la scena in cui uccide la ragazza potrebbe essere un referto autoptico.
Il testo presenta varie imprecisioni, con d eufoniche usate in modo errato e una punteggiatura piuttosto zoppicante ( p. es. nella frase "Passa la domenica e il lunedì mattina, nel primo pomeriggio..." ci vuole un punto fra "mattina" e "nel"). Poco chiaro anche il paragrafo "Per due mesi l’aveva seguita quasi quotidianamente, non aveva molto altro da fare, non era molto impegnativo": c'è da cambiare la punteggiatura oppure sostituire "impegnativo" con "impegnato".
Sarebbe stato interessante anche sapere quando "aveva infilato [il coltello] tra i cuscini del divano": fin dal primo incontro con lei nel suo salotto? Oppure solo dopo la delusione patita ("La partita non è ancora finita ma lui già sa che il suo progetto non andrà in porto")?
Come lettore, non mi sono sentito abbastanza coinvolto né soddisfatto.
M.
Una cronaca, appunto.
Nella quale la narrazione rimbalza fra "lui" e "lei" (pronomi ripetuti quasi ossessivamente) con un effetto ping-pong che non aiuta la lettura.
I pensieri, le emozioni, tutto ciò che riguarda i due protagonisti viene più che altro descritto, non mostrato attraverso dialoghi o atteggiamenti.
Anche le pulsioni sessuali del quarantenne hanno un che di algido, distaccato ("si masturba"; "va a prendersi una prostituta"), mentre la scena in cui uccide la ragazza potrebbe essere un referto autoptico.
Il testo presenta varie imprecisioni, con d eufoniche usate in modo errato e una punteggiatura piuttosto zoppicante ( p. es. nella frase "Passa la domenica e il lunedì mattina, nel primo pomeriggio..." ci vuole un punto fra "mattina" e "nel"). Poco chiaro anche il paragrafo "Per due mesi l’aveva seguita quasi quotidianamente, non aveva molto altro da fare, non era molto impegnativo": c'è da cambiare la punteggiatura oppure sostituire "impegnativo" con "impegnato".
Sarebbe stato interessante anche sapere quando "aveva infilato [il coltello] tra i cuscini del divano": fin dal primo incontro con lei nel suo salotto? Oppure solo dopo la delusione patita ("La partita non è ancora finita ma lui già sa che il suo progetto non andrà in porto")?
Come lettore, non mi sono sentito abbastanza coinvolto né soddisfatto.
M.
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M. Mark o'Knee- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Ho trovato il racconto molto efficace.
Il modo scelto per raccontare la storia lo trovo adatto al contenuto.
Sei riuscito a mettere una barriera tra noi e quello che accade, ad allontanare il lettore dai fatti perchè non li hai resi interessanti.
Lo spunto di riflessione che ho estrapolato nel testo sa di cinismo, ma parla di noi: Davvero v'interessa ancora questo tipo di crimine? Ognuno risponde a questa domanda attingendo alla propria sensibilità, ma sta di fatto che è una notizia che non fa più rumore: come acqua fresca e insapore passa e se ne va.
E questo è orribile.
L'autore è riuscito a rendere bene uno degli archetipi della nostra società che fanno da sempre parte del nostro essere umani: la bella ragazza un po' ingenua (chi pecora si fa...) e l'uomo maturo prigioniero della sua parte animale (... il lupo se la mangia).
Non credo che in questo tipo di narrazione ci fosse il bisogno di includere il lettore emotivamente: l'autore è onesto e ci propone due personaggi che calcano la scena interpretando la parte a loro assegnata senza possibilità di scelta (davvero l'abbiamo?).
Una tragedia in pochi atti che ha lo scopo di far riflettere, forse e soprattutto per la sua ineluttabilità. Perchè alla fine è una storia come tante altre.
Il modo scelto per raccontare la storia lo trovo adatto al contenuto.
Sei riuscito a mettere una barriera tra noi e quello che accade, ad allontanare il lettore dai fatti perchè non li hai resi interessanti.
Lo spunto di riflessione che ho estrapolato nel testo sa di cinismo, ma parla di noi: Davvero v'interessa ancora questo tipo di crimine? Ognuno risponde a questa domanda attingendo alla propria sensibilità, ma sta di fatto che è una notizia che non fa più rumore: come acqua fresca e insapore passa e se ne va.
E questo è orribile.
L'autore è riuscito a rendere bene uno degli archetipi della nostra società che fanno da sempre parte del nostro essere umani: la bella ragazza un po' ingenua (chi pecora si fa...) e l'uomo maturo prigioniero della sua parte animale (... il lupo se la mangia).
Non credo che in questo tipo di narrazione ci fosse il bisogno di includere il lettore emotivamente: l'autore è onesto e ci propone due personaggi che calcano la scena interpretando la parte a loro assegnata senza possibilità di scelta (davvero l'abbiamo?).
Una tragedia in pochi atti che ha lo scopo di far riflettere, forse e soprattutto per la sua ineluttabilità. Perchè alla fine è una storia come tante altre.
caipiroska- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Un racconto che non mi è piaciuto, non per l’argomento (magari qualcuno si risentirebbe), ma per come si è sviluppato. Una narrazione troppo lineare per sentirsi coinvolti.
Si intuisce dove la ragazza lo voglia portare, dalla madre, fin dal primo incontro; andava nascosto con più eleganza, rendendolo evidente solo all’ultimo.
Non mi è piaciuto che avesse nascosto il coltello tra i cuscini: indica una premeditazione che non trovo spontanea.
Scusami ma non mi convinto.
Si intuisce dove la ragazza lo voglia portare, dalla madre, fin dal primo incontro; andava nascosto con più eleganza, rendendolo evidente solo all’ultimo.
Non mi è piaciuto che avesse nascosto il coltello tra i cuscini: indica una premeditazione che non trovo spontanea.
Scusami ma non mi convinto.
FedericoChiesa- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Il racconto è ben scritto e amalgama con coerenza i vari elementi richiesti dallo step, con il salotto un po’ marginale.
I dialoghi ridotti al minimo e il narratore esterno rendono tuttavia freddo e distaccato il brano, ma l’effetto potrebbe anche essere voluto. Certo è che in vari passaggi le descrizioni delle azioni sembrano quasi note di regia di una rappresentazione teatrale o di una sceneggiatura cinematografica.
Il personaggio che ci presenti è indubbiamente un violento, ma anche un misogino che, al di là delle sue dichiarazioni d’amore, della sua apparente infatuazione, in fondo ritiene che una donna vale l’altra, che per lui l’unica funzione della donna è quella di soddisfare le sue pulsioni. Una donna innamorata o una prostituta non fa molta differenza. Nelle emergenze c’è sempre la masturbazione.
Le sue caratteristiche psicologiche ricordano anche alcuni serial killer che abbiamo imparato a conoscere nella letteratura e al cinema. Tant’è che tu stesso hai introdotto quel coltello nascosto che sa di premeditazione, quando avresti potuto fargli commettere il delitto in un raptus momentaneo.
Ho notato solo l’Ufficiale di Campo che avrei visto meglio senza le maiuscole.
Nell’insieme una prova interessante.
I dialoghi ridotti al minimo e il narratore esterno rendono tuttavia freddo e distaccato il brano, ma l’effetto potrebbe anche essere voluto. Certo è che in vari passaggi le descrizioni delle azioni sembrano quasi note di regia di una rappresentazione teatrale o di una sceneggiatura cinematografica.
Il personaggio che ci presenti è indubbiamente un violento, ma anche un misogino che, al di là delle sue dichiarazioni d’amore, della sua apparente infatuazione, in fondo ritiene che una donna vale l’altra, che per lui l’unica funzione della donna è quella di soddisfare le sue pulsioni. Una donna innamorata o una prostituta non fa molta differenza. Nelle emergenze c’è sempre la masturbazione.
Le sue caratteristiche psicologiche ricordano anche alcuni serial killer che abbiamo imparato a conoscere nella letteratura e al cinema. Tant’è che tu stesso hai introdotto quel coltello nascosto che sa di premeditazione, quando avresti potuto fargli commettere il delitto in un raptus momentaneo.
Ho notato solo l’Ufficiale di Campo che avrei visto meglio senza le maiuscole.
Nell’insieme una prova interessante.
Danilo Nucci- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Il pregio di questo racconto è, secondo me, il modo con cui hai seguito il processo logico di una mente folle.
Da come l'omicida sia riuscito a conquistare la fiducia della ragazza fino al drammatico epilogo.
il tono distaccato è voluto, ti dissoci da quanto scrivi, eppure è più urgente parlarne.
non credo che lui premeditasse di ucciderla,
In quel momento lui prende il coltello che aveva infilato tra i cuscini del divano...
quel coltello sotto il cuscino mi stona, perché non era quello lo scopo.
la trama purtroppo è troppo sentita, una storia come tante altre.
titolo che, nella sua semplicità, è inquietante proprio perché le storie così sono veramente troppe.
Da come l'omicida sia riuscito a conquistare la fiducia della ragazza fino al drammatico epilogo.
il tono distaccato è voluto, ti dissoci da quanto scrivi, eppure è più urgente parlarne.
non credo che lui premeditasse di ucciderla,
In quel momento lui prende il coltello che aveva infilato tra i cuscini del divano...
quel coltello sotto il cuscino mi stona, perché non era quello lo scopo.
la trama purtroppo è troppo sentita, una storia come tante altre.
titolo che, nella sua semplicità, è inquietante proprio perché le storie così sono veramente troppe.
Resdei- Maestro Jedi
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Re: Una storia come tante altre
In questo racconto la presenza del narratore è “invadente”, toglie a chi legge la possibilità di immergersi nelle emozioni dei personaggi. Una storia sicuramente già vista, semplificata per motivi di spazio in poche pagine. La sua follia cresce, lo sappiamo perché ce lo racconta chi scrive.
La scrittura è molto buona, pulita e in alcuni tratti efficace, ma non basta a mio avviso per provare empatia.
C’è poi la scelta di non dare un nome, semplicemente lui e lei ad enfatizzare che questa è una storia come tante.
Ed è questo che forse mi ha urtato di più. Ognuna di queste storie è importante, ognuna di queste donne ha diritto ad un nome.
Forse il tuo intento era proprio farci riflettere su questo aspetto.
Mi riservo di rileggerti a mente fredda.
Grazie
La scrittura è molto buona, pulita e in alcuni tratti efficace, ma non basta a mio avviso per provare empatia.
C’è poi la scelta di non dare un nome, semplicemente lui e lei ad enfatizzare che questa è una storia come tante.
Ed è questo che forse mi ha urtato di più. Ognuna di queste storie è importante, ognuna di queste donne ha diritto ad un nome.
Forse il tuo intento era proprio farci riflettere su questo aspetto.
Mi riservo di rileggerti a mente fredda.
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Mac- Padawan
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Re: Una storia come tante altre
Il titolo del racconto è molto d'impatto, pungente e provocatorio.
Provocatorio e veritiero come la tua frase finale, quando dici: poi tutto tornerà, come sempre, nell'oblio.
Quanto al racconto vero e proprio per i miei gusti l'ho trovato un pò scarno.
È una sorta di descrizione, una cronaca, coi dialoghi ridotti all'osso. Insomma, una scrittura essenziale, abbastanza povera. Io preferisco uno stile più ricco, non con descrizioni infinite e una sequela ininterrotta di aggettivi, ma qualche frase a effetto sì.
Secondo me, anche se ritengo che la scelta sia voluta, questo modo freddo di raccontare, mettere uno schermo, non fare entrare con partecipazione il lettore dentro alla storia, è un limite.
Almeno io l'ho percepito in questo modo.
La storia si lascia leggere senza difficoltà, non lascia con quesiti inespressi e dubbi inestricabili, però non si eleva tra il novero di quelle da me lette sino a questo momento.
Provocatorio e veritiero come la tua frase finale, quando dici: poi tutto tornerà, come sempre, nell'oblio.
Quanto al racconto vero e proprio per i miei gusti l'ho trovato un pò scarno.
È una sorta di descrizione, una cronaca, coi dialoghi ridotti all'osso. Insomma, una scrittura essenziale, abbastanza povera. Io preferisco uno stile più ricco, non con descrizioni infinite e una sequela ininterrotta di aggettivi, ma qualche frase a effetto sì.
Secondo me, anche se ritengo che la scelta sia voluta, questo modo freddo di raccontare, mettere uno schermo, non fare entrare con partecipazione il lettore dentro alla storia, è un limite.
Almeno io l'ho percepito in questo modo.
La storia si lascia leggere senza difficoltà, non lascia con quesiti inespressi e dubbi inestricabili, però non si eleva tra il novero di quelle da me lette sino a questo momento.
Byron.RN- Maestro Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Il titolo emblematico da una spiegazione all'intero testo, almeno per me.
È una storia come tante altre quindi non viene marcata, tutto è didascalico, asciutto e scarno perché quella stessa cosa è già successa tante volte e tante altre volte succederà e noi continueremo a ignorarle.
In questa ottica il titolo salva interamente il racconto che altrimenti risulterebbe veramente troppo compresso.
Due le cose che non mi sono piaciute e mi hanno disturbato ( nel modo sbagliato, perché a volte il disturbo è azzeccato in determinati testi)
il primo è il ripetersi del "lui" e "lei". va bene la reiterazione per creare tensione ma sono stati veramente troppi.
Il secondo è più sottile e riguarda il narratore onnisciente che con una frase precisa non mi è sembrato super partes. "esce e va a prendersi una prostituta"
questa frase ha gettato un'ombra su questo narratore che dovrebbe essere neutro.
Se l'autore ci avesse portato nella mente di "lui" e ci avesse raccontato la storia del suo punto di vista sarebbe stato ancora più crudo e potente ma dall'altra parte sarebbe venuto meno tutta la parte della "storia normale" che dicevo prima.
È una storia come tante altre quindi non viene marcata, tutto è didascalico, asciutto e scarno perché quella stessa cosa è già successa tante volte e tante altre volte succederà e noi continueremo a ignorarle.
In questa ottica il titolo salva interamente il racconto che altrimenti risulterebbe veramente troppo compresso.
Due le cose che non mi sono piaciute e mi hanno disturbato ( nel modo sbagliato, perché a volte il disturbo è azzeccato in determinati testi)
il primo è il ripetersi del "lui" e "lei". va bene la reiterazione per creare tensione ma sono stati veramente troppi.
Il secondo è più sottile e riguarda il narratore onnisciente che con una frase precisa non mi è sembrato super partes. "esce e va a prendersi una prostituta"
questa frase ha gettato un'ombra su questo narratore che dovrebbe essere neutro.
Se l'autore ci avesse portato nella mente di "lui" e ci avesse raccontato la storia del suo punto di vista sarebbe stato ancora più crudo e potente ma dall'altra parte sarebbe venuto meno tutta la parte della "storia normale" che dicevo prima.
ImaGiraffe- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Mi dispiace, Autore, ma questo racconto non mi è piaciuto.
Lui e Lei lo sopporto solo da Guccini; per il resto, è un meccanismo superato, proprio per tutti i motivi che ti sono stati espressi e che, sono convinto, tu sappia. Specifico: a me non ha dato fastidio la reiterazione dei due pronomi (che addirittura può renderlo molto inferiore, questo fastidio), ma proprio la loro presenza. Praticamente è un allarme per il lettore, come a dire: "Occhio, ché questo racconto tenta di essere asettico, neutro, super partes". Poi, ovviamente, nessun racconto può esserlo, e la narrazione ingarbuglia i punti di vista, il lettore smarrisce le proprie emozioni davanti a una trama che pure comprende e che, in qualche modo, potrebbe smuovere diverse riflessioni; invece il prodotto finale è acerbo, non soddisfa, e sa di occasione persa.
Discreta la scrittura, che non usa tecniche particolari per catturare l'attenzione del lettore ma si limita a esporre i fatti in questa supposta maniera neutrale; la punteggiatura, spesso errata, non agevola una lettura già di per sé ostica per questi motivi.
I paletti sono presenti e sono anche utilizzati in maniera naturale, ma questo è un po' poco per farmi apprezzare il tuo lavoro.
Non mi piace neanche il titolo, che invece qualcun altro ha apprezzato, perché sa di retorico, soprattutto nel connubio con la frase finale, che toglierei senza pensarci due volte: dovrebbe essere il pensiero che dovevi suscitare nei tuoi lettori a fine lettura, non un'affermazione dal sapore moraleggiante messa in bocca al tuo narratore.
Mi dispiace. Per me non è un racconto valido.
Lui e Lei lo sopporto solo da Guccini; per il resto, è un meccanismo superato, proprio per tutti i motivi che ti sono stati espressi e che, sono convinto, tu sappia. Specifico: a me non ha dato fastidio la reiterazione dei due pronomi (che addirittura può renderlo molto inferiore, questo fastidio), ma proprio la loro presenza. Praticamente è un allarme per il lettore, come a dire: "Occhio, ché questo racconto tenta di essere asettico, neutro, super partes". Poi, ovviamente, nessun racconto può esserlo, e la narrazione ingarbuglia i punti di vista, il lettore smarrisce le proprie emozioni davanti a una trama che pure comprende e che, in qualche modo, potrebbe smuovere diverse riflessioni; invece il prodotto finale è acerbo, non soddisfa, e sa di occasione persa.
Discreta la scrittura, che non usa tecniche particolari per catturare l'attenzione del lettore ma si limita a esporre i fatti in questa supposta maniera neutrale; la punteggiatura, spesso errata, non agevola una lettura già di per sé ostica per questi motivi.
I paletti sono presenti e sono anche utilizzati in maniera naturale, ma questo è un po' poco per farmi apprezzare il tuo lavoro.
Non mi piace neanche il titolo, che invece qualcun altro ha apprezzato, perché sa di retorico, soprattutto nel connubio con la frase finale, che toglierei senza pensarci due volte: dovrebbe essere il pensiero che dovevi suscitare nei tuoi lettori a fine lettura, non un'affermazione dal sapore moraleggiante messa in bocca al tuo narratore.
Mi dispiace. Per me non è un racconto valido.
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Un giorno tornerò, e avrò le idee più chiare.
vivonic- Admin
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Re: Una storia come tante altre
Purtroppo molto simile a tante storie vere. Sarà per questo che non mi lascia indifferente.
Finita la lettura, tuttavia, il retrogusto che avverto è quello dell'insoddisfazione.
Il racconto è troppo freddo, una mera cronaca. L'ossessione del protagonista non è spiegata, non è raccontata se non attraverso le azioni che compie. Immagino che questa sia anche una scelta "politica": non voler dare la minima giustificazione, la minima circostanza attenuante.
Ma qui non siamo in tribunale. E non siamo nemmeno nella pagine di nera di un giornale. Il racconto deve avere qualcosa in più.
Un racconto deve portarti dentro questa ossessione, deve fartela sentire tua, deve fartela vivere. O al contrario deve farti vivere la paura della preda, il terrore della vittima. Nel tuo racconto non vedo né l'uno né l'altra.
Solo i fatti. Ma i fatti da soli non fanno una storia
Finita la lettura, tuttavia, il retrogusto che avverto è quello dell'insoddisfazione.
Il racconto è troppo freddo, una mera cronaca. L'ossessione del protagonista non è spiegata, non è raccontata se non attraverso le azioni che compie. Immagino che questa sia anche una scelta "politica": non voler dare la minima giustificazione, la minima circostanza attenuante.
Ma qui non siamo in tribunale. E non siamo nemmeno nella pagine di nera di un giornale. Il racconto deve avere qualcosa in più.
Un racconto deve portarti dentro questa ossessione, deve fartela sentire tua, deve fartela vivere. O al contrario deve farti vivere la paura della preda, il terrore della vittima. Nel tuo racconto non vedo né l'uno né l'altra.
Solo i fatti. Ma i fatti da soli non fanno una storia
gipoviani- Padawan
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Re: Una storia come tante altre
Errori/refusi: sostanzialmente corretto segnalo soltanto
Paletti
Stanza: il salotto c'è ed è centrale soprattutto nel tragico finale.
Luogo: la collina delle croci è il luogo da cui ha inizio tutto
Personaggio: l'arbitro non è certamente centrale ma hai saputo farne un buon uso per inserirlo nel racconto senza forzatura.
Perché sì: perché hai parlato di un argomento cui sono molto sensibile, di cui non dobbiamo smettere mai, nemmeno per un momento di parlare e scrivere, di cui è troppo facile dimenticare come giustamente fai notare nella chiusa del racconto; perché quel "lui" e "lei" così anonimi sono un pugno nello stomaco, il non dare nomi ai tuoi protagonisti lo trovo congegnale a quello, se ho ben capito, ci hai voluto trasmettere.
Perché no: il racconto è un po' poco racconto se riesco a farmi capire, soprattutto rispetto a tanti altri racconti dello step; non mi è piaciuto il finale, quel coltello nascosto sul divano stona con tutto il resto della storia.
Ti chiedo scusa, aut*, ma il tuo racconto non è sufficiente per l'inserimento nella mia cinquina, però ci tengo ancora una volta a ringraziarti per il tema trattato: non smettere mai di combattere e di ricordare a tutti noi di combattere contro la terribile piaga dei femminicidi (scrivo questo commento mentre il giornale radio racconta l'ennesimo episodio).
manca la virgola dopo "campionato"Nei giorni seguenti, approfittando della pausa del campionato aveva raccolto informazioni
La scrittura secca, nervosa, ben si adatta al racconto che ci hai propostoMa Fridrikas le sta appiccicato, adogni canestro esultano assieme
Paletti
Stanza: il salotto c'è ed è centrale soprattutto nel tragico finale.
Luogo: la collina delle croci è il luogo da cui ha inizio tutto
Personaggio: l'arbitro non è certamente centrale ma hai saputo farne un buon uso per inserirlo nel racconto senza forzatura.
Perché sì: perché hai parlato di un argomento cui sono molto sensibile, di cui non dobbiamo smettere mai, nemmeno per un momento di parlare e scrivere, di cui è troppo facile dimenticare come giustamente fai notare nella chiusa del racconto; perché quel "lui" e "lei" così anonimi sono un pugno nello stomaco, il non dare nomi ai tuoi protagonisti lo trovo congegnale a quello, se ho ben capito, ci hai voluto trasmettere.
Perché no: il racconto è un po' poco racconto se riesco a farmi capire, soprattutto rispetto a tanti altri racconti dello step; non mi è piaciuto il finale, quel coltello nascosto sul divano stona con tutto il resto della storia.
Ti chiedo scusa, aut*, ma il tuo racconto non è sufficiente per l'inserimento nella mia cinquina, però ci tengo ancora una volta a ringraziarti per il tema trattato: non smettere mai di combattere e di ricordare a tutti noi di combattere contro la terribile piaga dei femminicidi (scrivo questo commento mentre il giornale radio racconta l'ennesimo episodio).
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paluca66- Maestro Jedi
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Re: Una storia come tante altre
La tensione c’è nel racconto, e l’ansia per la sorte della ragazza ha un suo crescendo. Ma il finale arriva esattamente come ce lo si aspetta, dunque non mi ha lasciato del tutto soddisfatto. Un guizzo finale, un twist, un esito inaspettato avrebbe dato forza al racconto che così si presenta un po’ piatto.
I personaggi sono ben delineati dal narratore onnisciente che ci racconta tutto di loro: una scelta che a volte paga, ma in genere preferisco un narratore più lontano, con le caratteristiche delle persone che emergono dalla storia.
Paletti ok.
Una lettura piacevole ma che non lascia un segno profondo.
I personaggi sono ben delineati dal narratore onnisciente che ci racconta tutto di loro: una scelta che a volte paga, ma in genere preferisco un narratore più lontano, con le caratteristiche delle persone che emergono dalla storia.
Paletti ok.
Una lettura piacevole ma che non lascia un segno profondo.
SuperGric- Padawan
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Re: Una storia come tante altre
Ciao Penna. Nel tuo racconto freddo e crudo, sapientemente asettico, c'è un'ordinaria violenza che disturba, e questo è un complimento perché riesci a me lettore a indispormi, a farmi provare qualcosa. Fai emergere quanto la "malattia" possa essere consapevole e lucida. Hai scelto di scrivere obbligando il lettore alla non partecipazione, non volevi far "cronaca", semplicemente i comportamenti dei personaggi, ottimamente descritti, dovevano essere sufficienti. Ti è riuscito bene, ma proprio in questo scenario registico scelto l'ultima frase, che presuppone un giudizio, forse non è stata ponderata bene. La punteggiatura è molto personale, può piacere o meno. In ogni caso vedo il tuo progetto ben realizzato e spero presto di rileggerti. Grazie Penna.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Una storia come tante altre. Normale. Banale. La banalità del male...
Un racconto grigio. Un piccolo uomo normale che si innamora di un ragazza molto più giovane di lui, un amore ossessivo e illusorio. Il finale è purtroppo scontato, nel grigio dell'insieme.
Gli unici colori sono dati dai brevi momenti di felicità della ragazza.
La scrittura è buona ma la freddezza del tutto rende estremamente piatto il racconto, asettico, privo di sentimento. Peccato, perchè l'idea era interessante e molto attuale.
Grazie
Un racconto grigio. Un piccolo uomo normale che si innamora di un ragazza molto più giovane di lui, un amore ossessivo e illusorio. Il finale è purtroppo scontato, nel grigio dell'insieme.
Gli unici colori sono dati dai brevi momenti di felicità della ragazza.
La scrittura è buona ma la freddezza del tutto rende estremamente piatto il racconto, asettico, privo di sentimento. Peccato, perchè l'idea era interessante e molto attuale.
Grazie
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I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume.
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Re: Una storia come tante altre
Mi inserisco tra coloro che hanno apprezzato il taglio asettico della storia, perché è congeniale al tipo di narrazione che hai voluto creare. Cronachistica, distaccata, super partes.
Vero c'è la frase finale (e il titolo) che suggeriscono invece un'opinione: forse, evitandoli, il tutto sarebbe stato ancora più efficace nella sua neutralità.
Ecco, per come l'ho immaginata, la tua storia poteva (e forse doveva) limitarsi a essere questo: una serie di fatti, raccontati in questo tuo modo incalzante e sequenziato, che si chiudeva senza la minima espressione d'opinione, lasciando al lettore il compito di indignarsi, risentirsi, magari anche farti notare che l'assenza di condanna era qualcosa di "grave". Tra virgolette.
Avresti ottenuto l'effetto di smuovere la parte emotiva dei più.
Parlando di questo, la parte che mi è piaciuta di più del tuo racconto è il modo in cui emerge la psicologia dei due personaggi.
Meglio, l'emotività che domina in entrambi: lei, che trova in lui un surrogato del padre e per questo tenta di farlo entrare nella sua vita, lui che finisce nella spirale buia del desiderio sentimentale/erotico e non riesce più a uscirne.
L'errore più grande che si possa fare in questi casi è pensare che l'uso della ragione possa prevenire, da una parte e dall'altra, il disastro.
Tra ragione ed emotività vincerà sempre quest'ultima: non è un aforisma, è la legge della natura cui, nostro malgrado, sottostiamo.
Non esistono "uomini" e "maschi", così come non esistono "donne" e "femmine": esistono solo gli esseri umani che, come i cani, i gatti, le formiche, i coccodrilli e quant'altro, funzionano secondo regole che natura ha creato.
E questo, nella narrazione asettica del brano (titolo e frase finale a parte) emerge molto bene.
So che, però, non era probabilmente nelle tue intenzioni, autore.
Stilisticamente non ho grandi rilievi da fare.
Scrivi bene e hai saputo ben gestire una narrazione di questo tipo.
Ti segnalo solo un paio di casi nei quali il verbo da presente va all'imperfetto, che è un errore, ma non riesco a ritrovare tra le righe.
Vero c'è la frase finale (e il titolo) che suggeriscono invece un'opinione: forse, evitandoli, il tutto sarebbe stato ancora più efficace nella sua neutralità.
Ecco, per come l'ho immaginata, la tua storia poteva (e forse doveva) limitarsi a essere questo: una serie di fatti, raccontati in questo tuo modo incalzante e sequenziato, che si chiudeva senza la minima espressione d'opinione, lasciando al lettore il compito di indignarsi, risentirsi, magari anche farti notare che l'assenza di condanna era qualcosa di "grave". Tra virgolette.
Avresti ottenuto l'effetto di smuovere la parte emotiva dei più.
Parlando di questo, la parte che mi è piaciuta di più del tuo racconto è il modo in cui emerge la psicologia dei due personaggi.
Meglio, l'emotività che domina in entrambi: lei, che trova in lui un surrogato del padre e per questo tenta di farlo entrare nella sua vita, lui che finisce nella spirale buia del desiderio sentimentale/erotico e non riesce più a uscirne.
L'errore più grande che si possa fare in questi casi è pensare che l'uso della ragione possa prevenire, da una parte e dall'altra, il disastro.
Tra ragione ed emotività vincerà sempre quest'ultima: non è un aforisma, è la legge della natura cui, nostro malgrado, sottostiamo.
Non esistono "uomini" e "maschi", così come non esistono "donne" e "femmine": esistono solo gli esseri umani che, come i cani, i gatti, le formiche, i coccodrilli e quant'altro, funzionano secondo regole che natura ha creato.
E questo, nella narrazione asettica del brano (titolo e frase finale a parte) emerge molto bene.
So che, però, non era probabilmente nelle tue intenzioni, autore.
Stilisticamente non ho grandi rilievi da fare.
Scrivi bene e hai saputo ben gestire una narrazione di questo tipo.
Ti segnalo solo un paio di casi nei quali il verbo da presente va all'imperfetto, che è un errore, ma non riesco a ritrovare tra le righe.
Fante Scelto- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Ciao Fante e Penna. Questo tuo intervento, in questo racconto, è il mio preferito e sono abbastanza convinto che la Penna sarà d'accordo con me e con te. Però, fammi aggiungere, tra ragione e emotività c'è anche lo spazio della scelta. Per quanto mi riguarda, a volte ha vinto una e altre volte l'altra. Ma quando ha vinto una battaglia l'emotività, poi la guerra l'ha vinta la ragione.
digitoergosum- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Titolo che è una dichiarazione di intenti. Metti le mani avanti, l'idea è quella di raccontare una storia come tante altre, di quelle che si sa come vanno a finire. Non credo ci sia niente di male in questo, se non che anche le storie come tante altre possono diventare originali, se affrontate con una voce o una visione del mondo che hanno qualcosa di unico. I paletti un po' ti aiutano: la collina, l'arbitro, il divano del salotto. Elementi inconsueti che combinati tra loro rendono una storia già sentita un po' più vicina a chi legge, un po' più vera. La voce narrante invece rema nella direzione opposta, fa di tutto per farla tornare un episodio di cronaca nera e basta. Gli eventi precipitano e fin dal principio ci si aspetta che lo facciano, ma nel momento in cui succede c'è sempre qualcosa che non torna, quell'elemento di follia che alla fine spiega e non spiega, giustifica e non giustifica. Un coltello nascosto tra le pieghe del divano.
Nonostante questo lo trovo ben scritto, facile da leggere. Si arriva in fondo senza problemi. Il suo essere asettico contribuisce alla sua estrema leggibilità. Non crea particolari emozioni, va detto. "Lei" e "Lui" non sono abbastanza tridimensionali per sentire pietà o disgusto. Ma di nuovo credo sia una scelta dettata dall'esigenza di attenersi a un copione che si ripete sempre uguale, in ogni parte del mondo, in ogni epoca.
Un buon lavoro. Poteva essere migliore provando a sovvertire il titolo, a smontare le aspettative, a togliere quel coltello dal divano e riporlo nel cassetto.
Nonostante questo lo trovo ben scritto, facile da leggere. Si arriva in fondo senza problemi. Il suo essere asettico contribuisce alla sua estrema leggibilità. Non crea particolari emozioni, va detto. "Lei" e "Lui" non sono abbastanza tridimensionali per sentire pietà o disgusto. Ma di nuovo credo sia una scelta dettata dall'esigenza di attenersi a un copione che si ripete sempre uguale, in ogni parte del mondo, in ogni epoca.
Un buon lavoro. Poteva essere migliore provando a sovvertire il titolo, a smontare le aspettative, a togliere quel coltello dal divano e riporlo nel cassetto.
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Asbottino- Cavaliere Jedi
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Re: Una storia come tante altre
Ciao Aut-
La cosa che ho notato di più leggendo è il momento in cui il narratore si pone alle spalle di lei: "A lei quest’ometto di mezza età, chissà perché, fa tenerezza, forse in qualche modo le ricorda suo padre, forse l’ha colta in un momento in cui ha solo bisogno di qualcuno con cui parlare, cui raccontare." Secondo me sarebbe stato meglio mantenere il focus su lui, in modo che trasparisse dalla narrazione che ogni "incoraggiamento" fosse nella testa di lui, trattandosi in realtà di comportamenti assolutamente normali per la giovane donna.
Un'altra cosa che vorrei suggerire: le vittime di femminicidio di solito vengono rappresentate dalla cronaca (soprattutto in Italia) con solo il loro nome di battesimo e la loro relazione con l'assassino, mentre dell'uomo carnefice si raccontano nome, cognome e professione. Avresti avuto davanti due scelte: dare un nome solo a lei o dare un nome solo a lui; secondo me entrambe vincenti. Lasciare anonimi entrambi i personaggi fa perdere carica al racconto e me ne ha allontanato.
La tecnica di narrazione che hai usato: subito dopo i primi capoversi si capisce dove vuoi portare la trama. Ho letto quasi tutto il racconto sperando che non andasse a finire come preannunciato, sperando che lui non fosse uno stalker violento, mentre invece lo era. Il coltello nascosto nel divano è un chiaro segno di premeditazione e avrei approfittato di questo particolare per chiudere in maniera diversa: con i media che parlano di "raptus", in modo da aumentare il fastidio in chi legge.
Non ho segnalazioni da fare sul lessico.
I paletti ci sono senza particolari originalità.
Grazie e alla prossima.
La cosa che ho notato di più leggendo è il momento in cui il narratore si pone alle spalle di lei: "A lei quest’ometto di mezza età, chissà perché, fa tenerezza, forse in qualche modo le ricorda suo padre, forse l’ha colta in un momento in cui ha solo bisogno di qualcuno con cui parlare, cui raccontare." Secondo me sarebbe stato meglio mantenere il focus su lui, in modo che trasparisse dalla narrazione che ogni "incoraggiamento" fosse nella testa di lui, trattandosi in realtà di comportamenti assolutamente normali per la giovane donna.
Un'altra cosa che vorrei suggerire: le vittime di femminicidio di solito vengono rappresentate dalla cronaca (soprattutto in Italia) con solo il loro nome di battesimo e la loro relazione con l'assassino, mentre dell'uomo carnefice si raccontano nome, cognome e professione. Avresti avuto davanti due scelte: dare un nome solo a lei o dare un nome solo a lui; secondo me entrambe vincenti. Lasciare anonimi entrambi i personaggi fa perdere carica al racconto e me ne ha allontanato.
La tecnica di narrazione che hai usato: subito dopo i primi capoversi si capisce dove vuoi portare la trama. Ho letto quasi tutto il racconto sperando che non andasse a finire come preannunciato, sperando che lui non fosse uno stalker violento, mentre invece lo era. Il coltello nascosto nel divano è un chiaro segno di premeditazione e avrei approfittato di questo particolare per chiudere in maniera diversa: con i media che parlano di "raptus", in modo da aumentare il fastidio in chi legge.
Non ho segnalazioni da fare sul lessico.
I paletti ci sono senza particolari originalità.
Grazie e alla prossima.
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