Incipit Corsia 4
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Incipit Corsia 4
Leone: chi non risica non rosica. Buttati, lanciati, osa un po’ di più. Le occasioni sono a portata di mano, afferrale e falle tue, la tua carriera ne vedrà delle belle. E anche in amore ti aspettano nuove conquiste, specialmente se sei della prima decade: troverai la persona giusta.
«Hai capito, Bettina? Roba seria, qui. E tu sei pure della prima decade, furbacchiona».
«Ma furbacchiona de che? Sono due anni che mi leggi l’oroscopo tutti i giorni, e già il lunedì sarebbe una giornata pessima senza questo appuntamento inesorabile. In più in tutto questo tempo mai una volta che un pronostico ci abbia azzeccato. Manco di striscio.»
Marta sospira, come arresa. Ma è un guizzo minuscolo, riparte subito.
Marta sospira, come arresa. Ma è un guizzo minuscolo, riparte subito.
L'ASCENDENTE SBAGLIATO - CAIPIROSKA
«Dovresti fare qualcosa invece. Non puoi arrenderti così.»
Bettina si accende una sigaretta, sputa il fumo lontano da sé, ma ci mette troppa rabbia dentro «Smettila, Marta. Tutte le mattine la stessa storia: questo oroscopo del cazzo e tu che continui a dirmi di fare qualcosa. Ti limitassi a fare solo il tuo lavoro sarebbe un gran sollievo, credimi.»
Marta riprende a riordinare la stanza, ma poi, come al solito ritorna all’attacco.
«È tutto così ingiusto, tutto così schifosamente sbagliato che…»
Bettina spinge la sedia a rotelle verso la finestra e la spalanca. L’arietta fresca di settembre entra nella camera e la donna inspira ad occhi chiusi.
Adesso si sente un po' più calma. Lo sa che Marta ha solo buone intenzioni, ma quella cosa dell’oroscopo ogni mattina deve finire, non ha senso. Tanto lei, con la vita, ha chiuso.
Marta però non la pensa così «Non puoi murarti viva in casa!»
«Davvero? E tu che ne sai?»
Silenzio.
Da qualche parte là fuori c’è lui, nascosto tra i colori dell’autunno: la troverà, ne è certa e finirà quello che non ha potuto terminare.
Un alito di vento più fresco la fa tremare, si massaggia i monconi delle gambe che lui le ha tagliato ed esce dalla stanza.CUSPIDE - IMAGIRAFFE
Riesce a percorrere solo qualche metro, ma Marta agguanta la sedia.«Marta, ti ho detto mille volte che non mi serve aiuto. Lascia andare la sedia», protesta.
«E su, non fare la stronza. Ti accompagno, poi torno a pulire, però fattelo dire... Questa causa che hai deciso di seguire ti agita troppo, e poi sei diventata intrattabile».
Bettina non può controbattere. Aveva fatto di tutto affinché le fosse affidato quel caso di violenza domestica, anche se voleva dire riportare a galla il proprio trauma. Questo l’aveva spinta a dare il massimo affinché il marito della sua assistita non ricevesse sconti, ma l’aveva stremata.
Legge alcuni atti ma sente che non riuscirà a fare nulla. Non ci sono prove evidenti della premeditazione da parte dell'uomo nei confronti della sua assistita.
L’idea che possa cavarsela con poco le toglie ogni forza.
Si sente impotente e spezzata.
Annichilita, guarda oltre la finestra, e in quel momento le tornano in mente le parole dell’oroscopo.
Buttati, lanciati, osa un po' di più.
Per la prima volta avrebbe seguito il consiglio dell’oroscopo: si sarebbe buttata.
È pronta a osare ma, senza le gambe a darle la spinta, si muove troppo lentamente.
Marta ha tutto il tempo di precipitarsi verso di lei, afferrarla e stringerla a sé.
Rimangono così, a lungo, strette in un abbraccio sorellare che scioglie Bettina in un pianto liberatorio.
«Oh, come sei sciocchina! Adesso non devi piangere. Cosa credevi di fare?»
Bettina non riesce a riconoscere quel tono di voce. Sente l'ago penetrarle il collo e poi ogni cosa diventa confusa.
«Adesso io e te ce ne stiamo qui finché non arriva Vittorio. Spero non si arrabbi con me per questo cambio improvviso dei piani», dice Marta carezzandole i capelli.
CONGIUNZIONE ASTRALE - ARIANNA
Vittorio? Bettina vorrebbe colpire Marta. Il cervello ordina al braccio di stendersi. Il braccio rimane immobile. Le mani, la testa, tutto il corpo. Impietriti.
Il cuore. I polmoni, pensa Bettina.
Marta sembra leggerle negli occhi sbarrati: «No, stai tranquilla. Non puoi muoverti, ma continuerai a respirare. Anche a vedere e a sentire. Forse un po’ stordita all’inizio… Passato, vero? Mi hai costretta a forzare i tempi».
Marta prende il telefono, compone un numero: «Devi venire qui, adesso».
Risponde una voce maschile. Le parole arrivano confuse, ma i toni accesi sono chiari.
«No, non sono riuscita a portarla fuori. Poi ti spiego».
Bettina tenta di decifrare il suono lontano. Vittorio? Un’immagine. Forte, indelebile. Dolorosa. Un dolore oltre la quantità di dolore che si pensa sopportabile. Lo avverte potente nelle gambe che non ci sono più.
«Non posso, ho dovuto farlo qui. Vieni subito».
La voce dell’uomo dà un’ultima secca risposta.
Marta chiude la comunicazione: «Vittorio arriva».
Vittorio. Un altro volto si sovrappone nella testa di Bettina a quel nome e a quella voce indecifrabile. Il volto di un marito infuriato con l’avvocato, con la donna che ha osato mettere in piazza gli affari privati tra lui e sua moglie.
Due violenze con lo stesso nome.
Quale Vittorio?
Marta si avvicina a Bettina e inizia a sbottonarsi la camicetta: «Ricordi il tuo oroscopo?»
Sottili fili appaiono, attaccati al torace di Marta con trasparenti strisce di nastro adesivo.
Il campanello suona.
Marta strizza l’occhio a Bettina mentre si riallaccia i bottoni, poi va verso la porta: «Oggi diamo una spintarella al destino. Ora inizia il nostro gioco».
IL SEGNO ROSSO DEL CORAGGIO - CHAR AZNABLE
Bettina resta immobile in balia degli eventi, il suo corpo non risponde al suo cervello. Si sente come un condannato in attesa del plotone di esecuzione. E il primo colpo le arriva diritto nel petto quando sente quella voce. Bettina l’avrebbe riconosciuta tra mille. La voce che l’ha fatta innamorare, che l’ha resa schiava di quell’uomo. La voce di Vittorio. Il suo Vittorio.
Per un istante si sente stupida. Guarda i monconi delle sue gambe ferite. Può amare ancora un uomo che le ha fatto tutto questo? Eppure al suo interno sente un fuoco che arde fino a consumarla.
“Buongiorno Violetta cara. Finalmente ci rivediamo. Mi hai fatto del male, Violetta mia. Tanto male. Perché hai voluto far tutto questo al tuo Alfredo, rispondimi amore mio.”
Bettina vorrebbe rispondergli che era lui ad aver fatto del male a lei, e che può vedere con i suoi occhi il risultato della sua violenza. Ma quell’uomo che vive nel suo mondo di lirica e sogni, è troppo egoista per considerare la sofferenza altrui.
“Povera la mia piccola Violetta.”
L’uomo si avvicina, le accarezza le gambe. Bettina ha un fremito. Vittorio le prende la mano e la bacia.
Un sussulto. Gli occhi di Vittorio perdono vitalità e sulla mano di Bettina rimane solo il segno rosso del sangue dell’uomo.
PARTE SUCCESSIVA - MENICO
Un senso di stupore l’assalì. Non capiva cosa stava succedendo, Vittorio era lì ai suoi piedi esanime. Cosa gli era successo?
Voleva piangere, ma le lacrime non venivano giù. Si sentiva come liberata da quell’incubo. Vittorio non avrebbe più potuto finire ciò che aveva cominciato. Non avrebbe più potuto irretirla col suo finto amore e farle ancora male. E Marta…
Marta sarebbe tornata a momenti, e lei non poteva difendersi, intontita com’era dalla puntura, né poteva scappare senza gambe e senza forze. Marta era stata falsa con lei, la accudiva, riordinava la casa, si dimostrava affettuosa ma in realtà il suo scopo era un altro. Non riusciva a immaginare qual motivo potesse avere.
Sentì qualcuno salire le scale. Era lei? L’angoscia la prese, non riusciva a muovere un muscolo, i passi si avvicinavano. La porta si schiuse e Marta apparve sorridendo.
Ma, appena entrata, il sorriso si trasformò in un ghigno rabbioso.
Bettina era lì immobile, come lei l’aveva lasciata, ma Vittorio giaceva a terra con gli occhi sbarrati e un rivolo di sangue gli colava dalla bocca.
Un urlo disumano ferì le orecchie di Bettina, mentre guardava Marta buttarsi addosso al cadavere di Vittorio.
Voleva piangere, ma le lacrime non venivano giù. Si sentiva come liberata da quell’incubo. Vittorio non avrebbe più potuto finire ciò che aveva cominciato. Non avrebbe più potuto irretirla col suo finto amore e farle ancora male. E Marta…
Marta sarebbe tornata a momenti, e lei non poteva difendersi, intontita com’era dalla puntura, né poteva scappare senza gambe e senza forze. Marta era stata falsa con lei, la accudiva, riordinava la casa, si dimostrava affettuosa ma in realtà il suo scopo era un altro. Non riusciva a immaginare qual motivo potesse avere.
Sentì qualcuno salire le scale. Era lei? L’angoscia la prese, non riusciva a muovere un muscolo, i passi si avvicinavano. La porta si schiuse e Marta apparve sorridendo.
Ma, appena entrata, il sorriso si trasformò in un ghigno rabbioso.
Bettina era lì immobile, come lei l’aveva lasciata, ma Vittorio giaceva a terra con gli occhi sbarrati e un rivolo di sangue gli colava dalla bocca.
Un urlo disumano ferì le orecchie di Bettina, mentre guardava Marta buttarsi addosso al cadavere di Vittorio.
I SUONI DELLA LIBERTA' - SUSANNA
Pochi secondi e Marta si rialzò:
«Perché l’hai fatto? Io dovevo ucciderlo! Sei cattiva, cattiva!»
La voce era sottile, quella di una bambina lagnosa che piagnucola per un giocattolo negato. Bettina riuscì a guardarsi un poco dattorno: non c’era nessun altro nella stanza.
«Oh, povera Marta! Che volevi fare? Sacrificare la tua libertà uccidendo Vittorio per dimostrare a Bettina il tuo amore? Povera illusa! Lei non ti ama, non ti sopporta. E lo sai.»
Era sempre Marta a parlare, ma ora la voce era adulta, dal tono ironico, quasi canzonatorio.
«Non è vero. Lei mi ama e io…»
«No, tu eri esaltata dall’idea di esserle utile, indispensabile. La soffocavi con tutte quelle smancerie, quegli stupidi oroscopi. Mi dovresti ringraziare invece: sull’arma ci sono le mie impronte e il cellulare che hai usato per contattare Vittorio è mio.»
Bettina era spaventata: la immaginò sparare a Vittorio mentre lei era svenuta, uscire e poi ritornare in soggiorno, ma qualcosa doveva essersi rotto nella mente di Marta.
Marta era pazza e lei non ne aveva avuto sentore. Come con Vittorio: si era fidata e li aveva lasciati entrare nella sua vita.
Si accorse con sollievo di potersi muovere, ma cosa avrebbe potuto fare?
«Non dovevi farmi anche questo! Sei perfida. Io…»
La vocina ora era carica di odio, affannata. Bettina vide Marta puntare la pistola verso la finestra.
«E quindi cosa fai, uccidi anche me? E poi? Bettina non vorrà di certo avere ancora a fare con te. Hai registrato tutto, finirai in manicomio, ma stavolta per sempre. E Bettina troverà qualcuno che la ami davvero.»
La voce era tagliente.
Bettina, che riusciva ora a muoversi un poco, sia pure con la voce ancora incerta si rivolse a Marta:
«Sai cosa diceva il tuo oroscopo stamattina Marta? Che avresti provato l’ebrezza del volo!»
E con una forza che non sapeva da dove venisse, si lanciò su Marta, che finì contro la finestra, rimasta socchiusa. Sentì il tonfo in strada e poi delle urla. In lontananza, una sirena.
I suoni della libertà.
«Perché l’hai fatto? Io dovevo ucciderlo! Sei cattiva, cattiva!»
La voce era sottile, quella di una bambina lagnosa che piagnucola per un giocattolo negato. Bettina riuscì a guardarsi un poco dattorno: non c’era nessun altro nella stanza.
«Oh, povera Marta! Che volevi fare? Sacrificare la tua libertà uccidendo Vittorio per dimostrare a Bettina il tuo amore? Povera illusa! Lei non ti ama, non ti sopporta. E lo sai.»
Era sempre Marta a parlare, ma ora la voce era adulta, dal tono ironico, quasi canzonatorio.
«Non è vero. Lei mi ama e io…»
«No, tu eri esaltata dall’idea di esserle utile, indispensabile. La soffocavi con tutte quelle smancerie, quegli stupidi oroscopi. Mi dovresti ringraziare invece: sull’arma ci sono le mie impronte e il cellulare che hai usato per contattare Vittorio è mio.»
Bettina era spaventata: la immaginò sparare a Vittorio mentre lei era svenuta, uscire e poi ritornare in soggiorno, ma qualcosa doveva essersi rotto nella mente di Marta.
Marta era pazza e lei non ne aveva avuto sentore. Come con Vittorio: si era fidata e li aveva lasciati entrare nella sua vita.
Si accorse con sollievo di potersi muovere, ma cosa avrebbe potuto fare?
«Non dovevi farmi anche questo! Sei perfida. Io…»
La vocina ora era carica di odio, affannata. Bettina vide Marta puntare la pistola verso la finestra.
«E quindi cosa fai, uccidi anche me? E poi? Bettina non vorrà di certo avere ancora a fare con te. Hai registrato tutto, finirai in manicomio, ma stavolta per sempre. E Bettina troverà qualcuno che la ami davvero.»
La voce era tagliente.
Bettina, che riusciva ora a muoversi un poco, sia pure con la voce ancora incerta si rivolse a Marta:
«Sai cosa diceva il tuo oroscopo stamattina Marta? Che avresti provato l’ebrezza del volo!»
E con una forza che non sapeva da dove venisse, si lanciò su Marta, che finì contro la finestra, rimasta socchiusa. Sentì il tonfo in strada e poi delle urla. In lontananza, una sirena.
I suoni della libertà.
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